30 marzo 2023
Aggiornato 01:30
Due scosse hanno ucciso almeno 24 persone dopo tragedia 25 aprile

I geologi confermano: in Nepal terremoti «a catena»

Il terremoto di magnitudo 7,3 che stamani ha colpito il Nepal, 17 giorni dopo una prima scossa 7,8 che ha ucciso oltre ottomila persone, fa parte di una reazione catena in un'area fortemente sismica, spiegano i geologi.

PARIGI (askanews) - Il terremoto di magnitudo 7,3 che stamani ha colpito il Nepal, 17 giorni dopo una prima scossa 7,8 che ha ucciso oltre ottomila persone, fa parte di una reazione catena in un'area fortemente sismica, spiegano i geologi.

Terremoti a catena
Come bottoni che saltano uno a uno da una camicia mentre viene strappata, un grosso terremoto trasferisce lo stress su una altro punto della faglia lungo la quale avviene, causando una rottura. «I grandi terremoti sono spesso seguiti da altri terremoti, a volte altrettanto potenti» spiega Carmen Solana, vulcanologa dell'università di Portsmouth, in Gran Bretagna. «Questo avviene perchè il movimento prodotto dal primo tremore, aggiunge tensione su altri punti delle faglie e le destabilizza» ha spiegato al Science Media Centre (SMC), un'ong di Londra. "E' una reazione a catena".

Colpita un'area a est di Kathmandu
Il terremoto di oggi ha colpito un'area 76 chilometri a est della capitale Kathmandu, seguito dopo circa mezz'ora da un secondo di sisma di magnitudo 6,3. La scossa del 25 aprile, che uccise più di ottomila persone, avvenne a una distanza simile a ovest di Kathmandu. Entrambi gli eventi sono avvenuti sulla stessa faglia, dove si scontrano le placche tettoniche indiana ed eurasiatica. «Dal primo sisma di aprile, le onde d'urto sono migrate più o meno verso sudest» ha detto Nigel Harris, che insegna tettonica alla Open University. «C'è stato uno strappo nella faglia sottostante che si è mossa di colpo da ovest a est e il secondo terremoto è un prosieguo del movimento. Sia la scossa di aprile sia quelle di oggi non sono avvenute a grandi profondità, il che implica che il suolo ha tremato con più violenza. Dove le due placche s'incontrano la placca indiana sale al ritmo di due centimetri l'anno, con un movimento non continuo, ma sottoposto a forti frizioni, che conducono a sobbalzi potenzialmente distruttivi».