28 marzo 2024
Aggiornato 11:30
Politiche europee

Serbia, Tadic ringrazia l'Italia per candidatura e attende Monti

Il Presidente serbo: La candidatura non è un passaggio epocale, il vero magico momento storico sarà quando la Serbia entrerà a pieno diritto a far parte dell'Unione europea. Lavoriamo insieme a internazionalizzazione PMI

BELGRADO - Per la prima volta alle sue spalle compare una bandiera dell'Unione europea a fianco di quella serba. Ma il presidente serbo Boris Tadic oggi ha voluto andare oltre i simboli, sottolineando come «la candidatura non è un passaggio epocale, il vero magico momento storico sarà quando la Serbia entrerà a pieno diritto a far parte dell'Unione europea. Prima di allora, i due grandi passaggi da compiere sono due: ottenere una data di inizio dei negoziati il più presto possibile e poi concluderli il più velocemente possibile».

Un'opportunità di crescita e prosperità - All'indomani del conferimento ufficiale a Belgrado dello status ufficiale di Paese candidato all'adesione all'Ue, Tadic ha incassato con orgoglio il successo della sua politica di riforme democratiche. Al contempo, pensa a dettare le prossime tappe del processo di euro integrazione della Serbia il quale, nella sua visione, rappresenta soprattutto «un'opportunità di crescita e prosperità per i cittadini». E proprio in tale ottica, Tadic riserva un ruolo privilegiato all'Italia e al suo sistema produttivo basato sulle Piccole medie imprese, in attesa di ricevere, il prossimo otto marzo, una delegazione di alto livello del governo e del mondo imprenditoriale italiano, guidata dal presidente del consiglio, Mario Monti.

Con l'Italia lavoriamo insieme all'internazionalizzazione delle PMI - «Voglio ringraziarlo personalmente per il sostegno che ha voluto dare alla Serbia per ottenere la candidatura» ha detto Tadic in conferenza stampa, rispondendo ad una domanda di Tmnews. Con il suo interlocutore italiano, infatti, il presidente serbo dice di avere «piena visione di intenti» sul «lavoro da compiere» per rafforzare l'internazionalizzazione dell'economia italiana in Serbia e non la sua delocalizzazione».