29 marzo 2024
Aggiornato 11:00
Presidenziali USA

Stasera lo scontro finale Obama-McCain su ricette anti crisi

Il democratico Barack Obama e il rivale repubblicano John McCain si presenteranno agli elettori con due proposte, nuove e diversissime, per rilanciare il Paese alle prese con una crisi economica epocale

Non ci saranno soltanto i due candidati stasera, sul palco dell'ultimo dibattito prima del voto presidenziale del 4 novembre alla Hofstra University, a Long Island, New York. Il democratico Barack Obama e il rivale repubblicano John McCain si presenteranno agli elettori con due proposte, nuove e diversissime, per rilanciare il Paese alle prese con una crisi economica epocale. Lunedì a Toledo, nel cuore operaio dell'Ohio, Obama ha presentato la sua ricetta fatta di costosissimi aiuti ai datori di lavoro, alle case automobilistiche, ai proprietari di casa e ai disoccupati, oggi McCain ha risposto con un piano da 52,5 miliardi per aiutare la classe media a superare la crisi.

Per McCain, in ritardo di quasi otto punti nei sondaggi nazionali, in difficoltà anche in Stati considerati roccaforti repubblicane dal Colorado alla Virginia, si aggrappa al piano (e al dibattito) nella speranza di una clamorosa rimonta. L'anziano senatore dell'Arizona, con trent'anni di esperienza al Congresso, è costretto in una posizione scomoda: deve rincorrere il giovane Obama, percepito dagli elettori come più affidabile nella gestione di una economia in crisi. Ma i pericoli per il repubblicano sono molti, sul piano caratteriale e nella sostanza. McCain, che non ha mai pronunciato le parole «classe media», nei primi due dibattiti contro Obama, rischia di apparire ancora una volta 'frenetico' con il suo assalto dell'ultima ora, contribuendo ad alimentare i sospetti che la sua campagna sia governata dall'opportunismo, più che dalla convinzione. La ricetta di McCain è a tutto campo: prevede l'eliminazione delle ritenute sui contributi che gli imprenditori pagano ai dipendenti, la riduzione delle tasse sui fondi pensione e nuovi sgravi fiscali per chi è costretto dalla tempesta sui mercati a vendere asset.

Di più: il governo di McCain garantirebbe il 100% dei depositi bancari per i primi sei mesi del 2009, per mettere al riparo i risparmiatori qualora altri istituti di credito finiscano in liquidazione. E, a corredo delle sue proposte, il repubblicano prova a seminare il dubbio sulla tempra e l'inesperienza di Obama in un momento così delicato per il Paese. «L'America ha bisogno di un lottatore - è diventato il suo nuovo slogan - l'America non ha bisogno di un pivello che alla Casa Bianca dovrebbe mettersi a studiare per imparare ad affrontare i problemi del Paese». Fino ad oggi questa linea di attacco è finita nel vuoto. Nonostante la giovane età e la limitata esperienza di governo Obama si è presentato agli elettori con la sicurezza e la flemma di un veterano. I suoi argomenti, nei primi due dibattiti, sono inoltre apparsi più lineari di quelli di McCain, che tende a dilungarsi su temi da reaganiano doc, come il taglio della spesa e la lotta agli sprechi, temi che quest'anno sembrano interessare solo marginalmente all'elettorato. Obama può continuare il suo gioco, illustrare l'idea di una moratoria da 90 giorni sui pignoramenti, per dare fiato ai proprietari di casa che non riescono a ripagare le rate del mutuo, o gli sgravi fiscali agli imprenditori che assumono, in barba all'aria di recessione. Esattamente come una settimana fa, McCain ha bisogno di mettere l'avversario al tappeto, per sperare nella rimonta. Ma è difficile immaginare che si lasci andare in attacchi personali come quelli tentati la settimana scorsa (con l'associazione tra Obama e l'estremista degli anni del Vietnam Bill Ayers).

Il consenso degli addetti ai lavori è che i veleni non aiutano i repubblicani, soprattutto agli occhi degli elettori indipendenti. Ma senza colpi bassi, può McCain battere Obama sul terreno disagevole dell'economia? I repubblicani sono ormai in riserva. A tre settimane dal voto la mappa elettorale si tinge sempre di più di blu, il colore dei democratici. Il giovane senatore nero dell'Illinois, a dar retta alla media dei sondaggi condotti nei ciquanta Stati dell'Unione, ha un vantaggio quasi incolmabile sul rivale e gli ultimi aggiornamenti della Quinnipiac University confermano il trend. Due Stati a lungo considerati incerti come la Florida e il Colorado ora vedono Obama come favorito. Quattro e otto anni fa i due Stati hanno votato per George W. Bush. In altri due confronti locali considerati incertissimi solo qualche mese fa, il Michigan e il Wisconsin, McCain è staccatissimo e Obama sicuro di vincere. I democratici sono di fatto irraggiungibili anche in Minnesota. Il numero degli swing States, ovvero i confronti statali che potrebbero votare per l'uno o per l'altro candidato, è sempre più piccolo e include alcune tradizionali roccaforti repubblicane come il Missouri, l'Indiana, la Carolina del Nord e la West Virginia.

A questi si aggiungono Ohio e Nevada, Stati incerti per tradizione, dove tuttavia Obama è in testa. Quinnipiac sottolinea come Obama abbia superato la soglia del 50 per cento nei consensi in quattro di questi Stati: in Colorado è avanti di 9 punti (52%-43%), in Michigan di 16 (54%-38%), in Minnesota di 11 (51%-40%) e di 17 in Wisconsin (54%-37%). Morale: se le elezioni si tenessero oggi Obama otterrebbe almeno 313 Grandi Elettori, contro i 158 di McCain. Il numero magico per la vittoria è 270. Nel conto non sono gli ultimi sei 'swing states' che mettono in palio un totale di 67 Grandi Elettori.

Fonte: Apcom