19 aprile 2024
Aggiornato 17:30
Settore agricolo

L’impennata dei costi produttivi allontana la ripresa

La CIA commenta i dati Ismea di giugno: «boom» mangimi e caro-energia rischiano di dare un colpo durissimo alle aziende

ROMA - I costi produttivi continuano a «zavorrare» le imprese agricole, soffocando le potenzialità e le risorse del settore. In particolare per mangimi, carburante ed energia i produttori sono costretti a pagare cifre sempre più elevate, che tolgono capitali destinati a investimenti, sviluppo e ricerca. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati sui costi agricoli diffusi oggi dall’Ismea.
A giugno la spesa per l’alimentazione animale è schizzata a livelli record -sottolinea la Cia- toccando quota più 17,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2010. Un colpo durissimo per gli agricoltori, che già devono vedersela con i rincari costanti di energia elettrica (più 7,1 per cento) e di carburante (più 6 per cento).

Non bisogna dimenticare, infatti, che il gasolio agricolo è «re» nel settore: non solo è necessario per il riscaldamento delle serre -ricorda la Cia- ma per l’alimentazione dei mezzi meccanici, a partire dai trattori. E si fa indispensabile proprio in questi mesi in cui si avvicendano le operazioni di semina, concimazione, diserbo, irrigazione, trinciatura e raccolta. Tutte pratiche che richiedono l’impiego di macchinari e, quindi, un grande utilizzo di carburante.
Ecco perché ora è indispensabile agire con urgenza e pensare a una serie di misure «ad hoc»: l’agricoltura è un settore vitale per il Paese -ribadisce la Cia- ma combatte già con redditi in picchiata, oneri burocratici e contributivi in continua crescita e prezzi sui campi non ancora remunerativi. Adesso i rialzi incontrollati dei costi produttivi rischiano di dare al settore il colpo di grazia, costringendo molte imprese a chiudere.

Non basta l’esdebitazione per risolvere i problemi dell’agricoltura: nella manovra piuttosto -conclude la Cia- bisognava reintrodurre «l’accisa zero» sui carburanti, cancellata nel novembre 2009 e mai più inserita nonostante le promesse del governo. E poi agire sui mercati, riducendo i passaggi di filiera che allargano a dismisura la forbice tra i prezzi all’origine pagati al produttore e i prezzi al consumo.