25 aprile 2024
Aggiornato 08:00
Confagricoltura: vigilare sulla concorrenza «sleale»

Florovivaismo, all’Italia il primato della ricerca

Ventimila le aziende impegnate: circa 13.000 si occupano di piante in vaso, alberi e arbusti, oltre 6.000 di fiori e fronde. Il resto ha un indirizzo misto

GENOVA - Con un fatturato che sfiora i 3 miliardi di euro, il 6% della produzione agricola nazionale, pari a quella del vino, il florovivaismo rappresenta un comparto strategico nell’economia del nostro Paese. Ventimila le aziende impegnate: circa 13.000 si occupano di piante in vaso, alberi e arbusti, oltre 6.000 di fiori e fronde; il resto ha un indirizzo misto. Centododicimila gli addetti impiegati. Le prime cinque regioni produttrici sono la Liguria, con il 21% del totale delle aziende italiane, la Toscana (17%), la Lombardia (12%), la Campania (10%) e il Veneto (8%). Questo il quadro delineato dalla Federazione nazionale florovivaistica di Confagricoltura che si è riunita oggi a Genova, in occasione di Euroflora.

Per il settore – si è evidenziato nel corso dell’incontro - il 2010 è stato un anno di stallo. I dati Ismea mostrano come la crisi economico-finanziaria abbia comportato un calo del 5% circa del valore delle vendite rispetto al 2009, questo nonostante la ripresa della domanda estera di fiori, piante e arbusti, con un export che ha raggiunto i 643 milioni di euro (+ 8,7% rispetto al 2009), confermando l’Italia al secondo posto tra i Paesi esportatori, dopo i Paesi Bassi. Parallelamente le importazioni, che passano attraverso l’Olanda, e provengono prevalentemente da Kenia, Colombia, Israele ed Ecuador, sono aumentate dell’11%.

In particolare per il comparto dei fiori recisi i costi di produzione hanno scoraggiato gli investimenti, soprattutto per il rincaro dei combustibili (che incidono per oltre il 50%) e la soppressione dell’esenzione dell’accisa a fine 2009, ma anche a causa degli elevati costi della manodopera (per la maggior parte a tempo interminato e altamente specializzata), della forte concorrenza dei prodotti provenienti da Paesi dove condizioni economiche, ambientali e normative favorevole consentono di produrre a costi notevolmente inferiori ai nostri.

Per le piante in vaso il 2010 ha avuto un andamento molto altalenante a causa del clima freddo, delle forti piogge e delle intense nevicate, che in parte hanno compromesso la produzione. La richiesta si è concentrata in alcuni mesi dell’anno, privilegiando i vasi medio-grandi, percepiti come più pregiati e qualitativamente migliori rispetto a quelli piccoli, ormai proposti in abbondanza dalla grande distribuzione (i più venduti sono ciclamini e gerani, mentre gli acquirenti principali sono soprattutto donne, casalinghe e pensionate in primis).

«Quello della concorrenza «sleale» esercitata di Paesi del Nuovo Mondo, che tra l’altro hanno enormi superfici investite e possono arrivare sui mercati con produzioni di massa – spiega Francesco Mati, presidente della Federazione florovivaistica della Confagricoltura – è un vero problema, che deve essere affrontato e risolto imponendo il rispetto di regole uguali per tutti, soprattutto nel lavoro. e predisponendo adeguati controlli sulle importazioni «selvagge» che permettano l’ingresso di piante non sane, con il rischio di presenza di patogeni nocivi.»

«Non avremo comunque mai – continua Mati – né la quantità di questi Paesi, né la logistica degli olandesi. Per questo dobbiamo puntare su quello che è il nostro vero valore aggiunto, la ricerca. Perché le ‘teste pensanti’ di questo settore sono tutte italiane. Maggiori finanziamenti per la ricerca pubblica e per quella privata, coinvolgendo anche il sistema bancario, questa è la nostra priorità. Noi floricoltori non abbiamo un’Organizzazione comune di mercato, non godiamo dei premi della Pac. Siamo imprenditori abituati a stare sul mercato, ad investire e rischiare.»