29 marzo 2024
Aggiornato 13:30
Assicurazioni Generali

Del Vecchio esorta i manager, Geronzi non conta

Si riaccendono le polemiche dopo le parole di ieri dell'attacco di Della Valle: «Non c'è spazio per chi bada alle relazioni personali»

MILANO - Non c'è pace in casa Generali. A cinque giorni dal cda che ha affidato al ceo, Giovanni Perissinotto, la gestione anche delle e che sembrava aver sancito una tregua, giungono in meno di 24 ore l'affondo di Diego Della Valle sul presidente, Cesare Geronzi, e le dichiarazioni di Leonardo Del Vecchio, che intendono far chiarezza sulle sue dimissioni dal board, che nulla hanno a che vedere con eventuali dissapori con l'ex banchiere romano. Ma il patron di Luxottica, che rimane un forte azionista del Leone, lancia soprattutto un messaggio al management della compagnia: il potere è ormai nelle loro mani e non possono scaricare le colpe sugli altri. Le polemiche, questa volta, non hanno comunque penalizzato il titolo che ha chiuso la seduta in rialzo dello 0,6% a 16,39 euro, dopo aver toccato un massimo a 16,61.

Ieri sera, Della Valle, consigliere e azionista di Generali, ha voluto replicare con toni duri, in una nota, alle dichiarazioni di Geronzi, rilasciate sabato a margine del Forex, definendo le esternazioni «inopportune» e «senza nessun senso logico» e suggerendo al presidente del Leone «di prendere atto di aver fatto il proprio tempo e di non essere più adeguato al mercato finanziario del terzo millennio». All'affondo di Della Valle, che di fatto mette fine alla tregua firmata la scorsa settimana, sono seguite oggi le dichiarazioni di Del Vecchio, che fanno chiarezza sulle reali motivazioni delle sue dimissioni, giunte inattese lunedì scorso. La sua decisione di uscire dal board non ha a che fare con Geronzi, che non ha ormai poteri in Generali, ha tenuto a ribadire il patron di Luxottica. «Non c'entra niente Geronzi - ha detto Del Vecchio - anche perchè Geronzi non è che conta molto ormai, Geronzi è senza potere, non ha nessun potere».

«Semplicemente non mi ritenevo in grado di incidere sulle decisioni strategiche e aziendali e quindi non ritenendomi in grado di incidere la cosa più naturale che si possa fare, anche se non è di moda, è dare le dimissioni», ha spiegato Del Vecchio che, per il momento, in attesa che le quotazioni del titolo salgano manterrà la propria quota in Generali, pari all'1,9% circa. E se Geronzi non ha poteri in Generali, è perchè questi è tutto nelle mani del management, che ora non ha più alibi, ha ammonito Del Vecchio. Il management, ha detto riferendosi a Perissinotto e Sergio Balbinot, «ormai è diventato il capo azienda, sono loro l'azienda, non è che possono scaricare la colpa sugli altri, i manager hanno il potere e hanno la possibilità di fare quello che decidono di fare».

Toni molto duri quelli usati da Della Valle nella sua nota di ieri sera. «Nonostante Geronzi continui a dare alla questione una visione personalistica - ha affermato il patron di Tod's - per quanto mi riguarda i rapporti tra me e lui non sono la questione centrale; è centrale invece il rispetto che si deve avere della governance di Generali, del suo cda e dei suoi amministratori, nell'ambito delle deleghe che ognuno di loro ha, cosa che invece Geronzi ha disatteso clamorosamente, prendendo posizione su argomenti che non gli competono e ancora una volta creando confusione sull'informazione». Replicando alla presunta armonia all'interno del cda delineata da Geronzi, Della Valle non ha usato mezzi termini: «Non è affatto vero che c'è armonia nel cda così come non è vero il suo voler far pensare che lui ricopre un ruolo centrale nella governance di Generali, del resto se l'avessimo voluto con questo ruolo non avremmo deciso a suo tempo all'unanimità di non dargli deleghe operative». «Io credo - ha continuato il patron di Tod's - che i fatti verificatisi oggi (le dichiarazioni di sabato, ndr), in aggiunta alla ridicola e pericolosa intervista rilasciata al Financial Times, con tutte le implicazioni poco simpatiche che ha portato, non permettano di procrastinare oltre le decisioni che vanno prese in termini di strategia di comunicazione, e non solo di quello, decisioni concrete che mettano fine a questo operato. Geronzi - è l'affondo finale - deve prendere atto che il mondo e le condizioni sono veramente cambiati e che oggi non c'è più spazio per chi bada di più al suo mondo e alle relazioni personali che ne derivano invece che ai veri interessi dell'azienda che si rappresenta, della sua conduzione e degli ottimi risultati che servono ad accrescerne il valore».