16 aprile 2024
Aggiornato 17:00
Per rilanciare il «Made in Italy»

Vino: occorrono nuove strategie commerciali e di promozione

A Palermo il IV Forum della Cia sul settore vitivinicolo. Confronto serrato fra i vari attori del comparto. Sottolineata l’esigenza di superare l’eccessiva frammentazione e di sviluppare adeguate sinergie per rafforzare l’export

ROMA - Il vino «made in Italy» torna a respirare sui mercati mondiali, ma a livello nazionale ancora troppi problemi condizionano pesantemente il settore e soprattutto i vitivinicoltori fanno i conti con i prezzi delle uve in caduta verticale (in alcune zone si produce, addirittura, sotto costo e i riflessi negativi sui redditi sono evidenti) e con costi in crescita. Non solo. Continua a sussistere nel comparto molta frammentazione e l’anello più debole della filiera sono gli agricoltori. I consumi, dopo l’exploit degli anni passati, segnano il passo. Soprattutto il prodotto sfuso registra accentuate flessioni, mentre tiene quello imbottigliato e di qualità. Un quadro che mostra non poche ombre sul quale, quindi, bisogna al più presto intervenire attraverso nuove e più incisive strategie sia sul fronte della commercializzazione e della promozione per ridare vigore e slancio ad uno dei principali pilastri del nostro sistema agroalimentare con una produzione di oltre 45 milioni di ettolitri e un fatturato che si avvicina ai 13 miliardi di euro (3 miliardi solo l’export). Sono questi i concetti emersi oggi a Palermo durante il IV Forum sul settore vitivinicolo promosso dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori (concluso dal presidente Giuseppe Politi), dove si è sviluppato un articolato confronto fra i vari attori del «pianeta vino» e dove sono state illustrate le proposte e le iniziative per aprire nuove prospettive ai produttori, oggi in affanno.

Un Forum che, dunque, ha permesso di focalizzare nel dettaglio l’attuale situazione, dopo l’attuazione dell’Ocm, e di indicare le vie da percorrere per una nuova e più efficace politica per il settore. Due le leve principali sulle quali poggiare: una maggiore aggregazione di filiera e relazioni più strette con la Grande distribuzione organizzata (Gdo), che ormai detiene oltre il 50 per cento della commercializzazione del vino in Italia; una valida promozione che esalti la qualità del prodotto «made in Italy» e dia un’immagine positiva e propositiva del nostro vino e delle sue specificità territoriali.

D’altra parte, proprio l’organizzazione di filiera mostra una scarsa vocazione all’interprofessionalità e una notevole frammentazione. Il ruolo dei Consorzi, cresciuto nel corso degli ultimi 50 anni, segna una battuta d’arresto. In questo caso la parola d’ordine è modernizzare, sviluppando strategie di riorganizzazione per consolidare la tecnica commerciale del sistema Italia. Di contro nella politica di promozione si riscontrano evidenti squilibri che alla fine danneggiano in particolare i piccoli produttori. C’è una competitività esasperata, ma il fatto più grave è che manca una vera azione sinergica.

Dal Forum Cia è emersa la necessità di una maggiore semplificazione e una riduzione del carico burocratico che impegna eccessivamente gli operatori del settore; di assicurare che nella implementazione del nuovo schedario vitivinicolo non si inneschino meccanismi punitivi per le imprese ed i viticoltori; di garantire trasparenza e «governance» nella continuità; di investire in professionalità; di rendere più incisivi i fondi Ue per la promozione; di sospendere una guerra non dichiarata ma perseguita sui prezzi pagati ai produttori delle uve, che nel corso degli ultimi anni hanno visto il reddito ridursi progressivamente con una spiccata tendenza alla opportunità di estirpazione o abbandono. Un pericolo che va scongiurato in modo da evitare che, proprio attraverso l’abbandono, ci siano non solo conseguenze economiche, ma anche sul paesaggio e sul territorio, elementi importantissimi per il vino di qualità «made in Italy».

La leva della futura politica per il settore vitivinicolo, secondo la Cia, deve poggiare su precisi presupposti: correggere il malfunzionamento del mercato, sostenere le imprese e il loro adattamento alle condizioni di mercato, soprattutto nei momenti di crisi, promuovere lo sviluppo di iniziative che vedono la partecipazione della filiera sulla base di regole di «governance» diffuse.
I lavori del IV Forum sul settore vitivinicolo sono stati presieduti da Carmelo Gurrieri, presidente della Cia Sicilia. Dopo i saluti di Salvatore Inghilleri, presidente della Cia di Palermo, e di Giuseppe Giordano, preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Palermo, ci è stata la relazione introduttiva svolta da Domenico Mastrogiovanni, Dipartimento Agroalimentare e Territorio Cia. Sono seguiti gli interventi di Stefania Chironi, Dipartimento Esaf Università di Palermo, e di Riccardo Deserti, dirigente delegato Dicor I ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali.

Il IV Forum della Cia è proseguito con una tavola rotonda coordinata da Secondo Scanavino, vicepresidente nazionale della Cia. Hanno partecipato Maurizio Lunetta, vicepresidente della Cia Sicilia, Diego Planeta, presidente di Assovini, Paolo Castelletti, segretario generale dell’Unione italiana vini (che ha sostituito il presidente Lucio Mastroberardino impossibilitato ad intervenire), Lamberto Vallarino Gancia, presidente della Federvini, Dario Cartabellotta, direttore dell’Istituto Vite e Vino Sicilia, Ruenza Santandrea, presidente del Gruppo Cevico. Prima delle conclusioni del presidente Giuseppe Politi, sono intervenuti gli assessori regionali all’Agricoltura della Sicilia Elio D’Antrassi e del Veneto Franco Manzato.
Proprio ieri, i produttori di queste due Regioni, che hanno una vocazione spiccatamente vitivinicola, hanno siglato, su iniziativa della Cia, un gemellaggio con una visita presso le cantine e i territori del Bianco Alcamo Doc.