L’Italia chiamata a rimborsare 7,7 milioni di euro all’UE per l’utilizzo delle spadare
Le associazioni ambientaliste chiedono misure più rigide per combattere l’illegalità
«La Commissione è al corrente che in Italia continua la pesca con reti da posta derivante illegali, perlopiù spadare. Dopo numerose ispezioni e richiami all’Italia, la Commissione ritiene che l’Italia abbia fallito nell’assolvimento dei suoi obblighi di controllo e di ispezione relativi al divieto di uso di reti da posta derivante illegali e che nei confronti degli autori degli illeciti sia stata adottata un’azione inadeguata.»
Questa la risposta della DG pesca e affari marittimi della Commissione europea alla segnalazione delle associazioni ambientaliste Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Pew Environment Group e WWF del dicembre scorso, nella quale si denunciava la mancanza di una decisa azione repressiva, da parte delle competenti autorità nazionali, nei confronti delle attività di pesca illegale ed in particolare degli «spadarioti» in alcune marinerie italiane.
L’azione della Commissione è volta ad esigere la restituzione immediata di 7.762.066 euro relativi a contributi elargiti per la dismissione e riconversione delle spadare. Somma che si va ad aggiungere agli altrettanti 7.762.066 euro, che sono stati elargiti come quota nazionale di cofinanziamento, per un onere totale a carico del nostro Paese di 15.524.012 euro.
Ed è proprio il fallimento nel sistema di controllo delle spadare che ha portato la Commissione Europea a deferire l’Italia alla Corte di Giustizia, presso la quale è pendente la causa C- 249/08.
«Se la causa giungerà a condanna, e l’Italia non si conformerà a quanto richiesta dalla Corte» - dichiarano le organizzazioni ambientaliste - «il nostro Paese, oltre a dover rimborsare i contributi percepiti, rischierà una multa salatissima, come è successo alla Francia, condannata ad una sanzione di 77.761.250 euro per mancato adempimento degli obblighi imposti dalla Corte nel settore della pesca, in particolare in materia di sbarco e commercializzazione di novellame».
«Chiediamo un intervento forte del Ministro delle Politiche agricole e forestali Luca Zaia» – dichiarano Greenpeace, Legambiente, Mare Vivo, Pew Environment Group e WWF – «per il sequestro e la distruzione immediata di tutte le reti spadare, per rendere efficaci i controlli in porto, per il ritiro della licenza di pesca a quanti commettano gravi infrazioni e per riportare entro le tre miglia l’uso delle piccole reti derivanti conosciute come ferrettare».
La situazione delle spadare in Italia è fuori controllo e chi sta pagando la mancanza di misure urgenti e dissuasive sono ancora una volta i contribuenti italiani.