12 settembre 2024
Aggiornato 22:00
Musica

Saudade in Villa Manin con Stefano Bollani e Hamilton de Hollanda

Solarità e polo opposto che ci stavano a pennello per l’eclissi lunare di qualche ora prima

CODROIPO - Si parte con una saudade non amplificata nella splendida cornice di Villa Manin, tirata a lucido per i tre eventi clou dell’estate duemilaediciannove. Stefano Bollani e Hamilton de Holanda chiudono il trittico di Giorgia prima e Thom Yorke dei Radiohaed poi.

Il pianista in totally white, camicia collo alla coreana, il collega al mandolino a bilanciare il duo in nero. Solarità e polo opposto che ci stavano a pennello per l’eclissi lunare di qualche ora prima. Subito la verve del pianista-showman per una mini gag sull’impianto che non risponde al primo pezzo, goduto comunque in versione unplugged, o semi. Un classico del repertorio cabarettistico bollaniano con l’annuncio del brano successivo che è «di un compositore contemporaneo, tale Stefano Bollani». Ilarità nel parterre per Relax con Hamilton, di nome e di fatto.

Freschezza mista a famigliarità per tracce che senti per la prima volta, il leit motive carioca esprimerà per tutta la serata divertimento, giocosità, simpatia sempre su base do brasil e sempre come sostiene Bollani. La strana coppia sale su un aereo che in tempo reale fa la spola Rio-Napoli, saccheggiando e contaminando a piene mani l’una e l’altra tradizione strumentistica. Reginella in versione sambollani: ancora teatrino dell’assurdo con battute improbabili, già perchè con il sorriso tutto pare più semplice, addirittura uno scherzo da ragazzi. E questo vale per tutti lavori, ma all’orecchio più attento non è difficile distinguere che la performance del duo è di un livello tecnico mostruoso! Momento Astor Piazzola, fedele all’etichetta, forse l’unico. Continua il divertissement delle lingue italiano vs brasiliano; ognuno traduce le didascalie introduttive del compagno di viaggio: certo il linguaggio musicale che parlano è unico e universale. Intesa perfetta.

Acceleration samba, con un lieve cedimento al choro che poi vira verso il jazz. Bagaglio conoscitivo infinito.
Canto de Ossanha, di Baden Powell e Vinicius de Moraes da pelle d’oca. Può mancare l’omaggio a Joao Gilberto, recentemente scomparso? Direi proprio di no. Ecco Agua de Marco, a firma Jobim. E così il pantheon della bossa nova è completo. Crazy moment con percussioni in stile body-music: solo che il body lo fa il pianoforte Steinway in dotazione a Stefano, per la «gioia» (o quasi) di Lorenzo Cerneaz. Però che impatto!

E così succede che nell’era della post-globalizzazione il più grande pianista brasiliano al mondo sia italiano e che il più virtuoso tra i mandolinisti partenopei sia uno che viene da Rio de Janeiro. Il finale è ancora quindi sul tema Corcovado chiama Napùle con un riuscitissmo medley di Sarracino. E bis con il lirismo di Caruso di Dalla che poi diventa spericolato, quasi circense, senza essere mai dissacrante ma che anzi porta l’annunciazione di grande rispetto. Grande rispetto e stima che si evince anche tra i due protagonisti su chi ha l'onore della chiusa che SB lascia elegantemente all’ospite fraterno a suggellare un’intesa che è tutto fuorchè contrattuale.

Ecco la musica dovrebbe essere questa cosa qui: divertimento, scherzo, serietà, studio, impegno, svago, ricreazione, azzardo, generosità e - come si diceva - tanto tanto rispetto per tutti: per i musicisti, per i tecnici, per coloro che ci lavorano e soprattutto per il pubblico: quello che dai ti ritorna indietro! Standing ovation finale.