27 aprile 2024
Aggiornato 10:30
A Udine il 15 novembre

Apologia dell'anacronismo: il Soviet di Massimo Zamboni al Teatrone

A cent'anni dalla Rivoluzione Sovietica l'ex CCCP e CSI Massimo Zamboni arriva con un tour celebrativo dell'evento proposto in chiave rock. La sua musica da sempre impegnata  raggiunge lo zenit del proprio schierarsi in un progetto che lascia poco spazio all'interpretazione

UDINE - A cent'anni dalla Rivoluzione Sovietica l'ex CCCP e CSI Massimo Zamboni arriva con un tour celebrativo dell'evento proposto in chiave rock. La sua musica da sempre impegnata  raggiunge lo zenit del proprio schierarsi in un progetto che lascia poco spazio all'interpretazione.

L'atmosfera è già molto calda fuori dal parcheggio del teatrone di cui cui vi leggo una fotografia: una Diane ed una Renault 4 (non rossa) parcheggiate vicine. Di fronte una volante. Si, l'atmosfera è quella giusta, indubbiamente. Impatto scenico granitico, come in pura tradizione sovietica. Immagini che scorrono: una candela a forma di testa di Lenin che si scioglie facendo da scenario al mini comizio di Massimo Zamboni sulla nobiltà dei principi a falce a martello "badate bene senza vedere anomalie", come chiude il medesimo in un finale glitch.

Il Soviet + l'elettricità. Spia delle cooperative, volendo molto attuale, dove risalta una maschera di felliniana memoria che provoca il pubblico con improbabili movenze. Una caricatura di una caricatura: è la condizione dell'uomo nella società moderna. Elogio della parte più rossa dell'Emilia rossa, provenienza dei nostri eroi. Paris Bulgarelli, eroe locale che si incarna nella casa del partito, venduta dopo il crollo del muro di Berlino e che reclama il nostalgico candore di allora.

Come non può mancare una delle tante citazioni del nostro PPP quando vedeva un paese dentro un paese, ed il paese rosso era inevitabilmente onesto, acculturato, umano. A differenza dell'altro che teneva le redini del potere. Fedeli alla linea, anche quando la linea non c'è, non è chiara, su riff di chitarra da spaccare i timpani e un dipinto delle terre da cui proveniva Lenin dove la terra e l'acqua e le pietre si fondono in un tutt'uno con ritmi ipnotici di marchio squisitamente elettrificato.

I pezzi storici di CCCP e CSI dicevamo, dove la presenza del Maestro Lindo Ferretti viene "sostitiuita" con quella di Max Collini e Angela Baraldi per un risultato di forte impatto emotivo. Il tiro punk sul rap asettico taglia il cuore di radical-chic e nostalgici accorsi allo spettacolo. Rabbiosi ed invertebrati riff esaltano capitali di un mondo di sigle che non esiste più: DDR, Stasi, KGB, Yugoslavia. Anacronismo, di più. Archeologia. Ma è la location che proprio non c'azzecca: ti rimane dentro più quello che manca che quel che ti arriva. Il pubblico è apatico e malato per sua stessa natura, messaggio più o meno subliminale che attualizza lo spettacolo. Sarà paranoia? Emilia paranoica a chiudere, Friuli paranoico ad applaudire.