1 maggio 2024
Aggiornato 05:30
L'intervista

"Pronti alla primarie per il dopo Serracchiani, anche con i transfughi bersaniani"

La segretaria regionale del Pd, Antonella Grim, anticipa l’agenda del partito da qui al 2018, spiegando i motivi delle sconfitte elettorali subite in un anno in Fvg

FVG - Subito al lavoro per il programma, in perfetta continuità con quanto fatto finora dal Pd. Per quanto riguarda invece la candidatura, se Serracchiani dovesse rinunciare, meglio sarebbe puntare sulle primarie di coalizione. Cui dovrebbero partecipare anche i transfughi bersaniani, «purché la smettano di porre veti». La segretaria regionale del Pd, Antonella Grim, anticipa l’agenda del partito da qui al 2018, spiegando i motivi delle sconfitte elettorali subite in un anno in Fvg.

Cosa dire di questa ennesima sconfitta In Fvg?
«La sconfitta sta dentro a un quadro di difficoltà complessive. Non è che il Fvg sia un pianeta astruso rispetto al resto d’Italia».
E la colpa di questa debacle?
«Stiamo sicuramente pagando la difficoltà del governare, e lo dico anche da ex assessore, in uno dei momenti più difficili della nostra storia recente. Vale a dire cercare di mantenere e garantire qualità e quantità dei servizi con risorse in calo e con l’aumento di richieste di attenzione. Abbiamo dunque pagato il fatto di essere al governo a Roma e in tanti Comuni».
E il partito come si è mosso in questa congiuntura sfavorevole?
«Fare scelte complesse, complicate e nuove in alcuni ambiti per cercare di rispondere a una crisi inedita e lunga, ripeto, non è stato facile. Il partito forse non è riuscito a essere compiutamente adeguato nell’accompagnare questa fatica del governare. E comunque…».
Comunque…?
«Abbiamo messo in sicurezza i Comuni che abbiamo governato».
Trieste, Pordenone, Monfalcone, Gorizia…La crisi del Pd in Fvg prosegue da un anno senza segnali in controtendenza.
«Non direi. Penso invece che anche qui ci siano di segnali che leggo in maniera positiva: Cervignano, Maniago, Azzano Decimo non credo possano essere considerate amministrazioni irrilevanti. Io non ritengo che qui ci siano situazioni peggiori che in altri luoghi. In Emilia e in Toscana, ad esempio, si sono manifestate ora le difficoltà che noi abbiamo già sperimentato un anno fa a Trieste e a Pordenone».
Dopo gli ‘schiaffi’ di Pordenone e Trieste avete però atteso parecchio per convocare i vertici del partito per un’analisi del voto.
«Non è così, ci sono state assemblee tra fine giugno e fine luglio».
Ricordo che quando finalmente ci fu la direzione o assemblea regionale a Udine, Serracchiani se ne restò discosta e se ne andò prima della fine dei lavori senza intervenire, salvo poi rilasciare una dichiarazione all’Ansa.
«Bisogna chiederlo a lei. Io non sono il suo portavoce».
Dopo quella riunione qualcosa nel partito è cambiato?
«Direi di sì. C’era stato l’impegno importante in autunno per il referendum che ha portato tanti, nuovi iscritti. C’erano stati diversi incontri a livello locale, nei circoli. Ricordo che il solo presidente del Pd, Spitaleri, ne aveva organizzati una quarantina. E l’analisi è continuata anche durante il congresso nazionale quando si discuteva su quale partito volevamo essere».
Già, e che tipo di partito vuole essere o diventare il Pd?
«Un partito di sinistra, rendendoci conto che le risposte devono essere più coraggiose rispetto a quelle che bastavano alcuni anni fa».
Mi può fare un esempio?
«Gli 80 euro, che non sono una ‘mancetta’ ma una redistribuzione del reddito. Questo è il tempo delle scelte. Lo abbiamo fatto prendendoci carico delle fasce di povertà. Il nostro sostegno al reddito è un tentativo di ricollocazione al lavoro».
Un passo indietro. Prima mi parlava di nuovi iscritti, ma mi risulta che negli ultimi anni ne perdete in media da 700 a 800 ogni anno. Come fermare l’emorragia?
«La grande idea democratica dei partiti è entrata in crisi come del resto sta avvenendo per altre associazioni simili come i sindacati. Forse dobbiamo avere l’umiltà di dire che non siamo stati ancora in grado di trasformare la forma-partito per renderla più appetibile, soprattutto tra le fasce più giovani».
Parliamo delle regionali. Non ritiene che Serracchiani dovrebbe sciogliere il nodo della candidatura per non ingessare il partito ?
«Ne abbiamo parlato e ne stiamo parlando. Siamo consapevoli dell’importanza di arrivare a confermare o meno Debora Serracchiani in tempi brevi. Una delle prime questioni subito dopo l’estate sarà questa. Ma la vera necessità è che il partito metta in campo nel frattempo un cantiere programmatico
In continuità con quello che avete fatto?
«Sì, ma tenendo conto di quanto emergerà in questi mesi di confronto e affrontando le criticità».
«E se Serracchiani non accettasse?
«Lo strumento migliore per scegliere il candidato credo siano le primarie di coalizione».
Coalizione composta da…?
«Da quelli con cui stiamo governando».
Anche i transfughi bersaniani?
«Mai posto veti. Ma neppure gli altri li devono porre. La maggioranza si costruisce sul programma. E su questo vogliamo confrontarci anche con l’Mdp».
Intanto però Bolzonello si è reso disponibile a candidarsi nel totale silenzio del partito…
«Ho grande stima per lui e sarebbe un ottimo candidato nel caso Serracchiani rinunciasse. Ma ribadisco che il migliore strumento per scegliere sono le primarie di coalizione».
A proposito di programma, nessun ripensamento sulle Uti e sul metodo usato?
«Non devo difendere io le Uti. Sono la segretaria e non l’assessore. Forse ci sono stati alcuni errori sull’applicazione, ma si tratta di una riforma epocale. Il principio di integrazione dei servizi e di aree vaste di dimensioni ottimali sono obiettivi assolutamente validi».