29 aprile 2024
Aggiornato 16:00
Alla fine deciderà Serracchiani?

Nel Pd di Udine è cominciata la corsa al dopo Honsell

Enzo Martines, Agostino Maio e Mariagrazia Santoro in pole position. Ma occhio agli outsider Giacomello, Celotti e Carbonetto

UDINE - Enzo Barazza, due volte Sergio Cecotti e adesso Furio Honsell che si avvia a concludere il secondo mandato e con esso la stagione dei sindaci ‘prestati’ ai dem. Il Pd pigliatutto – consapevole della sua vocazione egemonica – ha deciso che d’ora in avanti i sindaci delle coalizioni di centrosinistra dovranno essere democratici doc. Così, dopo la riconferma di Roberto Cosolini a Trieste e di Daniela Giust a Pordenone, sarà la volta di Udine. E’ vero che mancano parecchi mesi alla primavera del 2018, ma è certo che il Pd del capoluogo friulano sta già scaldando i motori al punto che il toto-sindaco dentro i dem è già molto di più che un pour parler, soprattutto per i pretendenti al ‘trono’.

Martines, per essere della partita, ha mollato Civati. E poi c'è Maio
Enzo Martines, ex vicesindaco di Honsell e ora consigliere regionale, ha da tempo aperto i cantieri. E ha fatto capire quali sono le sue intenzioni rispetto  palazzo d’Aronco quando ha scaricato Civati, non seguendolo nell’addio al Pd. E non solo si è allineato alla linea della Serracchiani, ma è diventato il ‘cane da guardia’ della riforma delle Uti, che fa rabbrividire anche parecchi amministratori locali renziani. Infine, Martines è diventato l’uomo del dialogo e non più della rottura e della critica all’ortodossia  renziana. Dunque, se due indizi fanno una prova, figuriamoci tre...Il consigliere-poeta dovrà fare i conti sia con i tanti nemici che gli rinfacciano l’iniziale ostilità a re-Matteo sia con le ambizioni dei competitor. Tra questi c’è anche Agostino Maio, pretoriano di ferro della Serracchiani, che lo ha voluto con sé a Trieste. Neppure Maio è amatissimo dalla base che gli contesta alcune disinvolture politiche e alcune amicizie non proprio di sinistra…pardon, di centrosinistra. Maio è indicato dai suoi sia come l’uomo che maggiormente gestisce le questioni di potere legate al Pd sia come consigliere della presidente per le nomine che contano.

Il terzo incomodo è l'assessore regionale Santoro
E tra i due litiganti spunta il terzo incomodo, quella Maria Grazia Santoro, pure proveniente dalla scuderia di Honsell, è che adesso è assessore regionale. Sia l’attuale sindaco, sia Serracchiani l’hanno voluta nei rispettivi esecutivi scegliendola come tecnica esterna. Lei, dunque, non si è mai misurata elettoralmente e per questo il suo peso politico resta un’incognita grande tanto quanto un eventuale esito delle primarie. Nel Pd sono in molti a sostenere che alla fine e come sempre deciderà la ‘Presidentissima’. Per questo il consigliere comunale Carlo Giacomello spera di poter essere della partita.

Occhio agli outsider: Celotti e Carbonetto
Il Pd pigliatutto dovrà tuttavia fare i conti con quegli spezzoni del centrosinistra che non sono disposti a rinunciare all’ipotesi di interrompere la stagione dei candidati non etichettabili. Qualcuno ha fatto trapelare il nome dell’ex presidente dell’Ordine dei commercialisti, Claudio Celotti vicino a Nova Civitas, che annovera altri elementi di spicco del centrosinistra come l’ex sindaco Barazza o il leader della Cisl, Roberto Muradore. Voci, per adesso.
L’unica certezza è che assisteremo a una guerra da film già visto che metterà a dura prova la tenuta interna del Pd, chiamato a fare i conti anche con quello che nascerà dalle ceneri di Sel e con quell’Alternativa democratica dei vari consiglieri ex dem come Hosam Aziz e Claudio Galluzzo, Andrea Castiglione, segretario regionale dei Socialisti e Andrea Sandra, segretario provinciale di Sel. Alternativa democratica punterà su un candidato di coalizione senza etichette partitiche. Tra i possibili papabili, un noto avvocato il cui nome è ancora top secret e Giampaolo Carbonetto ex giornalista del Messaggero Veneto, che potrebbe contare sull’appoggio della deputata bersaniana udinese, Gianna Malisani.

Molto dipenderà dalle amministrative del 5 giugno
Il Pd pigliatutto aspetta il verdetto di Trieste e Pordenone. Se dovesse fare l’en plain per i suoi alleati udinesi si aprirebbe una difficile stagione di subalternità con l’ipotesi della definitiva rottura. Ma è un problema che i renziani non si pongono perché il sogno del partito della nazione non è una stravaganza giornalistica, ma uno degli obiettivi di quanti dentro il Pd da tempo hanno pianificato la cacciata o l’auto esclusione di tutti i ‘vetero comunisti’ e di quanti – e sono in molti - in odore di insubordinazione nei confronti del capo nazionale e della  sua vice regionale.