28 marzo 2024
Aggiornato 11:30
Eventi

La notte più jazz dell’anno con gli Art Ensemble of Chicago

A Cormons l’evento clou della 21esima edizione di Jazz&Wine of Peace in diretta nazionale Radio RAI

CORMONS - Si narra che durante l’impero romano, quando venne posata la pietra angolare di Cormons, avessero già pensato al clamoroso successo di duemila anni a venire del festival Jazz&Wine of  Peace strutturando il borgo come una vera e propria arena enogastronomico-musicale per attrarre turismo di qualità da ogni dove. No, non è andata esattamente così, ma lo story - per chi ha vissuto la serata clou della ventunesima edizione della rassegna - parrebbe decisamente credibile. Si dice sempre edizione dei record, si deve far così, ma mai quanto all’odierna ciò corrisponde a verità in termini di sold-out. E per la serata di sabato 27 ottobre - Cormons di Carinzia aus Salzburg und Lienz - mette il suo vestito migliore per ergersi a nodo cruciale della nuova cultura mitteleuropea, in transito sulle strade del vino e della musica più internazionale che si possa concepire. 

Così la lunga notte del jazz parte con l’aperitivo Al limite dove è di scena la classe del Gianpaolo Rinaldi Trio, fresco progetto di casa nostra. Poi di corsa per esser puntuali all’ormai classica diretta del concertone del sabato trasmesso su Radio RAI. Il programma prevede l’esibizione degli Art Ensemble of Chicago, pionieri del free jazz d’avanguardia dalla fine dei sixties. Quello degli AEOC non può esser definito un concerto, bensì un’esperienza. Irripetibile, comunque la si voglia connotare.

E gli «shhh» in platea - volti a zittire coloro che bisbigliano tra bolle con cannucce in G minor - arrivano direttamente dal teatro dell’assurdo. Si riesce a spiegare la loro performance più per sottrazione che per descrizione. Non è intrattenimento e lungi da esser evasione ti catapulta dentro le viscere di una città sonora che pian piano ti fagocita. Tra una fase sperimentale ed un’altra, a tratti hai l’impressione di assistere ad una gara a chi si sente più intellettuale - che se uno dice che gli è piaciuto non gli devi credere perché sta ostentando una conoscenza musicale che non appartiene al campo della verosimiglianza. 

Poi i fricchettoni del jazz in dress-code post Beat cambiano marcia : rituali di stregoneria metropolitana in italiano ancestrale su poesie dal ventre di Ginsberg annunciano orgogliosamente un «great black people ritual spirit » e così una jungla di suoni e percussioni parte dalle highway fino al lago Michigan intercalando nella più profonda pianura del Illinois. Tutto è psichedelico, pitturato, improbabile, ma logico. Vedi il Soldier Field, il blues di Muddy Waters, i Bears, Obama che sorride a sessantaquattro denti, l’incubatore della best house e anche Air Jordan. In questo calderone di musica stroboscopica i Chicago sono un'icona della Windy City e ne rivendicano nome a vocazione iper sperimentale. 

La megalopoli che ti inghiotte con un turbine di colori, forti ed apparentemente sconclusionati; la Willis Tower che domina incontrastata e dipinta di fucsia e giallo elettrico. Il caratteristico incedere catwalk metropolitano a chiudere il trip, la registrazione, l’esperienza, l’ovazione del pubblico.

Esci, ed hai l’impressione ancora una volta che il concerto grosso sia un pretesto che fa da perno alla mondanità e al divertimento dei live round midnight. Attorno a mezzanotte il capoluogo del Collio è la capitale indiscussa della musica dal vivo: la Federico Spanghero Blues Band incendia il pubblico dell’Osteria in Taberna con cavalcate di vecchio & sporco blues interpretato con solido mestiere, i maestri Giampaolo Mrach e Giulio Scaramella dipingono di high-class-music le atmosfere del Jazz&Wine Le Bar come rituale di chiusura di ogni edizione. Stessa cosa fa Kaplan in Enoteca con i suoi 78 giri in diretta dai Ruggenti Anni ‘20 alla stregua del suo completo gessato fumo di Londra. E’ un delirio di festa, sorrisi, bella musica, bella gente. 

Niente di nuovo sotto il cielo del Collio quindi, serata memorabile,  come ogni anno!