25 aprile 2024
Aggiornato 23:30
Film per la tv

Roma Fiction Fest: apre con il coraggio di «Lea»

Un'eroina dei nostri tempi, portata in scena da Marco Tullio Giordana, per spiegare a tutti che la mafia si sconfigge con la cultura

ROMA - L'ultima fiction civile firmata da Marco Tullio Giordana si intitola Lea. Testimone delle attività della 'ndrangheta prima, finita sotto protezione poi, e infine uccisa proprio dagli uomini che aveva denunciato, Lea Garofalo è un'eroina dei nostri tempi.

Il coraggio di combattere
Non una vittima, come spiega il regista, ma semplicemente un «caduto in battaglia». La guerra è quella contro l'omertà, contro il disagio del Meridione, contro il potere patriarcale delle cosche calabresi. In una realtà, la Calabria, dove le donne non sono ancora libere - come spiega Giordana - di sognare un futuro migliore per i propri figli e di lasciare un marito che non le ama. La fiction, che ieri ha inaugurato il Roma Fiction Fest, racconta una storia drammaticamente vera. Lea Garofalo, interpretata da Vanessa Scalera fu uccisa a Milano il 24 novembre del 2009. E gli inquirenti riuscirono poi a incastrare mandanti e assassini anche grazie al prezioso contributo della figlia Denise (Linda Caridi).

La mafia si sconfigge co la cultura
Il film per la tv che verrà trasmesso mercoledì 18 novembre su Raiuno, non sarebbe mai stato possibile - spiegano gli autori - senza il contributo dell'associazione Libera di don Luigi Ciotti e dell'avvocato della Garofalo Enza Rando. Grazie al loro contributo e alla ricostruzione di tutti i passaggi processuali gli sceneggiatori hanno potuto confezionare una storia priva di retorica e da ogni tipo di orpello sentimentale. «Una storia simile - spiega Giordana - non aveva bisogno di ritocchi, piena com'è di tali e tanti colpi di scena. Abbiamo semmai lavorato a togliere e sintetizzare. Senza lasciarci prendere dall'emotività. Sapendo che l'unico modo per poter battere la mafia sono le armi della cultura. L'unico avversario che da sempre i mafiosi snobbano e sottovalutano». «Il cinema civile, la letteratura, l'impegno di associazioni e di persone come don Luigi Ciotti - aggiunge il regista - possono rappresentare un'arma efficace e micidiale per sconfiggere la mafia. Perché contribuiscono a rafforzare l'opinione pubblica e quindi minano il terreno dove la mafia vorrebbe proliferare e crescere».