5 dicembre 2023
Aggiornato 13:30
Personaggi

Salvatores: «Rimpiango di non essere diventato padre»

Il premio Oscar si racconta a Grazia: «Com'ero a 13 anni? Molto simile al mio ragazzo invisibile. Introverso, insicuro, sono cresciuto solitario in una famiglia napoletana numerosa, con l'unica compagnia degli eroi dei fumetti: Flash Gordon e Corto Maltese»

ROMA - Sessantaquattro anni, la soddisfazione di un Oscar e il rimpianto di non aver avuto figli. Gabriele Salvatores racconta a Grazia, il suo lato più privato. Il regista presenta Il ragazzo invisibile (ora nelle sale), storia di un 13enne svogliato a scuola, imbranato con le ragazze, vittima dei bulli, ma dotato di un superpotere che lo rende invisibile e gli cambia la vita. «Com'ero a 13 anni? Molto simile al mio 'ragazzo invisibile'. Introverso, insicuro, sono cresciuto solitario in una famiglia napoletana numerosa, con l'unica compagnia degli eroi dei fumetti: Flash Gordon e Corto Maltese. Non mi sentivo pronto ad affrontare la vita. Delle ragazze è meglio non parlare: mai trovato il coraggio di avvicinarle. Mi sono sentito invisibile perché nessuno mi considerava. C'è poco da fare, l'adolescenza è il periodo più duro nella vita di un essere umano».

LA CHITARRA MI HA SALVATO LA VITA - «Io da ragazzo ho provato questi sentimenti, ero complessato e infelice. Ma nello stesso tempo ho avuto una grande fortuna», confida Salvatores. «Sono stato un teenager agli inizi degli Anni 70, un periodo magico. Esplodeva la musica dei Beatles, scoprivamo il teatro, il cinema indipendente era un'espressione di libertà. La nostra generazione era convinta di poter cambiare il mondo e tutto ci sembrava a portata di mano. Se rappresentavi uno spettacolino in una cantina di Milano, sapevi che in quel momento qualcun altro stava facendo la stessa cosa a Parigi, a Berkeley, a Londra. Io suonavo in un gruppo e dimenticavo le mie insicurezze. Riuscivo finalmente a sognare. Posso dire che la chitarra mi ha salvato la vita», conclude il regista.