19 aprile 2024
Aggiornato 13:30
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La storia del rock in copertina: Storm Thorgerson e le sue statue viventi

Fino al 24 agosto all'Arengario di Monza i lavori più bizzarri e creativi dell'artista che ha rivoluzionato l'idea del rock firmando le copertine di album leggendari, dai Pink Floyd a Peter Gabriel ai Muse

MONZA - La sua più celebre opera è, probabilmente, la mitica copertina di «The Division Bell», l'album numero 14 dei Pink Floyd, uscito nel '94, che ha venduto più di 12 milioni di copie. Storm Thorgerson la realizzò ispirandosi all'immagine di copertina del libro del matematico Norbert Wiener «The Human Use of Human Beings»: da qui nacque l'idea di due grandi teste metalliche erette in un campo vicino alla cattedrale di Ely. Thorgerson posizionò le statue una di fronte all'altra e le fotografò di profilo, per dare l'illusione che non solo si guardassero negli occhi ma anche che si parlassero, formando poi una terza faccia visibile solo frontalmente.

LE COLLABORAZIONI CON PINK FLOYD, PETER GABRIEL & CO. - Di copertine rock ne creò molte altre: grazie alla collaborazione con Aubrey Powell, detto Po, con cui nel '68 fondò lo studio grafico «Hipgnosis», lavorò per anni a fianco dei Pink Floyd, amici d’infanzia e poi compagni di vita, dei Led Zeppelin, dei Genesis, degli Yes. E poi ancora Peter Gabriel, Black Sabbath, Paul McCartney, Syd Barrett e Styx. Nel 1983 con Po e Peter Christophersen Storm forma la «Green Back», che ha prodotto numerosi video per Paul Young, Yes, Nik Kershaw, Robert Plant, Interferon, Nona Hendryx, Big Country. Con "Learning to fly" per i Pink Floyd vince persino il premio come miglior regista ai Billboard.

IMMAGINAZIONE E REALTÀ - Aveva ragione Thorgerson a dire che «150 milioni di persone hanno in casa una mia opera, ma non sanno chi io sia». Scomparso appena un anno fa a soli 69 anni, oggi l’Arengario di Monza gli rende omaggio con la mostra «The Gathering Storm. Dai Pink Floyd ai Muse le grandi copertine rock di Storm Thorgerson» (fino al 24 agosto). «Ero affascinato da quell’energia irrazionale e quasi magica che scaturiva dalla sua immaginazione e da quella capacità incredibile di riuscire sempre a vedere un lato «diverso» della realtà, e a crearlo, fisicamente, nei suoi set fotografici, fino a renderlo vero nelle sue immagini elegantissime e surreali – racconta Luigi Pedrazzi di Arteutopia, curatore della mostra insieme a Dan Abbott, attuale art director di Stormstudios –. Perché un conto è prendere l’immagine di uno specchio d’acqua e inserirvi con Photoshop un nuotatore a testa in giù, e un conto è avere un reale «mister diver» che esegue dal vero una verticale yoga trattenendo il respiro per tre minuti ancorato a un supporto posizionato sul fondo del lago. È così che accade per "Wish you were here"».

SCULTURE VIVENTI - Già, una delle tante prodezze di questo bizzarro artista, un po' designer un po' fotografo. Per "A Momentary Lapse of Reason" non inserì artificialmente sull’immagine di una spiaggia la famosa (e lunga) teoria di 700 letti di ferro, ma li posizionò uno per uno, allestendoli tutti con lenzuola e coperta, per poi rifare tutto il lavoro due settimane dopo perché nei giorni del primo shooting pioveva a dirotto». Se le idee sono straordinarie, realizzarle lo è ancora di più. Budget permettendo, Thorgerson preferisce lavorare sul reale, costruire sculture viventi e inserirle in veri set da fotografare.

CORTI E DOCUMENTARI - Nel 1994 dirige anche sei cortometraggi per i Pink Floyd, utilizzati come sfondo durante il loro tour mondiale. Appena dopo firma il documentario scientifico «The Rubber Universe» sulla Costante di Hubble per l'Equinozio. Nel 1997 raccoglie le immagini fatte per i Pink Floyd nel bellissimo libro «Mind Over Matter». Nel '97/'98 scrive e dirige un documentario di un'ora per Discovery Channel sulla (non) esistenza degli alieni intitolato «Are We Alone?». Oggi, il suo studio ha continuato e continua a realizzare immagini per la musica, ad eseguire grafiche per dvd, siti web e a dirigere occasionalmente film.