Tra eros ed estasi, i sensuali nudi tra le vette di Arlaud e Meys
In mostra a Torino, al Museo della Montagna, gli scatti en plein air dei due maestri della fotografia francese di inizio '900. La montagna a fare da sfondo, il corpo femminile, delicato ed elegante, è il vero protagonista
TORINO - La montagna a fare da sfondo, il corpo elevato a emblema indiscusso di ideale cui tendere, di estasi suprema, ma anche oggetto carico di erotismo e sensualità. La mostra che sta per aprire al Museo della Montagna di Torino, dal titolo «Visioni tra le rocce» (11 aprile-30 novembre), svela tutta la bellezza e la delicatezza dei nudi immortalati tra le vette da due maestri della fotografia francese di inizio secolo: Georges-Louis Arlaud e Marcel Meys.
Noti per la produzione di nudi femminili en plein air negli anni 1920-1930, di gusto tardo-pittorialista sia nella scelta di genere che nella trattazione del soggetto, entrambi inseriscono la figura femminile nell’ambiente naturale, come quello alpino della zona franco-provenzale, in una vera e propria comunione con la natura di matrice panteista. Una sorta di arcadia mitologica abitata da naiadi e driadi, ninfe e divinità dei boschi, in cui però il vero protagonista è lui, il corpo, con i suoi dolci movimenti, la sua elegante plasticità, i dettagli erotici marcati.
Gli scatti di Arlaud e Meys fanno parte di un «mondo» francese che ha avuto uno sviluppo temporale tra l’inizio del secolo e la fine degli anni Trenta del Novecento, facendo parte, seppur tardivamente, di quel gusto pittorialista che improntò la fotografia ai massimi livelli all’inizio del secolo e che fece del nudo en plein air uno dei soggetti più raffigurati, contribuendone a farne oggetto d’arte.
«La vie parisienne», rivista simbolo di questa rivoluzione, di gusto e valori nella società, dall’inizio del secolo riproduce su copertine ammiccanti bellissime donne che interpretano anche le gioie e i benefici della vita all’aperto, del mare e della montagna: sci, slitta, alpinismo. Sogno, immaginario, figure che popolano un universo onirico, ma dai tratti seducenti.
La fotografia, quasi nello stesso periodo, raggiunge le Alpi, le valli, i dirupi e le rocce con inattese «visioni». Dal segreto degli atelier dei fotografi, dove fino al 1880 erano state relegate le foto di nudo per la natura mimetica della macchina fotografica, considerata incompatibile con il principio del «bello ideale» antico, si aprono un’infinità di stanze chiuse all’aperto, per andare in posa in uno scenario naturale dalle molteplici possibilità.
Gli scatti presenti in mostra appartengono alle collezioni del Centro Documentazione Museomontagna e sono esposte in stampe di diversa tecnica e formato, comprese le 21 famose tavole in fotoincisione che compongono l’edizione di lusso del noto portfolio di Arlaud «Vingt études de nu en plein air».
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