20 aprile 2024
Aggiornato 02:30
Intervista al mensile «Max»

Elio Germano: Servirebbe un governo di filosofi

Volto simbolo della nuova generazione di attori italiani, non a caso, è stato scelto per interpretare un ruolo nel film denuncia «Diaz-Don't Clean Up This Blood»: Hollywood? Sono tutti autoschiavizzati al business. Il set di Nine mi è bastato

MILANO - «Se ci fosse un senso in questo Paese, i giornalisti intervisterebbero i registi, i montatori. Ma un senso non c'è. E allora io ti parlerò dei film che ho interpretato come se fossero miei». Elio Germano non ha paura di dire la sua. Volto simbolo della nuova generazione di attori italiani, non a caso, è stato scelto per interpretare un ruolo nel film denuncia Diaz-Don't Clean Up This Blood. «E' stato un lavoro di gruppo - racconta in un'intervista al mensile Max -. Eravamo 140 attori da tutta Europa e ciascuno di noi valeva uno: ci siamo sentiti parte di una collettività proprio come chi era a Genova in quei giorni».

Servirebbe un Governo di Filosofi - Dall'esperienza del Teatro Valle occupato alla Rai, Germano non si risparmia nemmeno sul governo italiano: «Al Teatro si alternano l'attore sconosciuto e Gifuni, quello semisconosciuto e io. C'è chi mi ha urlato ridammi i soldi, chi era distratto e parlava col vicino. La gente entra ed esce, decide se restare in base a quel che vede - spiega -. Tanto non ha pagato 35 euro di biglietto come chi va a vedere Ronconi. Questo è il teatro, pubblico come dovrebbe essere il teatro. Così dovrebbe funzionare anche la Rai, per esempio... A cominciare dal cda, eletto dagli abbonati. Oggi - prosegue l'attore - se c'è qualcosa da aggiustare si chiama il governo tecnico, come se servisse un idraulico. Mentre servirebbe un pensiero, un governo di filosofi che ci ridia un senso».

Hollywood? Sono tutti autoschiavizzati - Geloso della sua privacy, Elio se ne sta nel suo monolocale a Corviale: «Ho idea che più si sa di me - confessa - meno possibilità avrò professionalmente. Penso che se parlo troppo romano poi non sarò credibile come Felice Maniero che è veneto o il Pietro di Magnifica presenza, siciliano». E snobba Hollywood «con i suoi divi autoschiavizzati al business. Il set di Nine mi è bastato».