16 aprile 2024
Aggiornato 08:30
Epatite B in una mummia

L’epatite non è una malattia moderna: esisteva già 450 anni fa. La conferma da una mummia

Il corpo mummificato di un bambino risalente a quasi mezzo milione di anni fa ha evidenziato il virus dell’epatite B inalterato nel tempo

L'epatite esisteva già 450mila anni fa
L'epatite esisteva già 450mila anni fa Foto: Shutterstock

Quando ci fermiamo a osservare le persone intorno a noi non possiamo fare altro che pensare che siano davvero tante – troppe – le persone che soffrono a causa di una malattia. E se da un certo punto di vista la medicina sembra aver fatto passi in avanti, dall’altra è più che evidente che le malattie che affliggono l’uomo moderno siano ancora in un numero decisamente elevato. E, probabilmente, i numeri di oggi non differiscono poi così tanto da quelli di ieri, tempi in cui le diagnosi scarseggiavano. Ciò che è certo, comunque, è che alcune patologie esistevano già mezzo milione di anni fa. Una di queste è l’epatite: la conferma arriva direttamente da una mummia.

Vaiolo?
Il corpo mummificato di un bambino, vissuto quasi mezzo milione di anni fa, è conservato nelle arche sepolcrali della Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli. Da tempo si riteneva che il piccolo fosse morto a causa del vaiolo. Tuttavia, grazie a una ricerca condotta da un team internazionale composto dagli scienziati della McMaster University di Hamilton in Canada e della Divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa costituito da Gino Fornaciari e Valentina Giuffra, ha rivelato tutt’altro. Il bambino era deceduto a causa del virus dell’epatite B. Una malattia le cui stime affermano che uccida circa un milione di persone ogni anno.

Sequenziamento completo del genoma
L’Università di Pisa ha condotto diverse missioni esplorative nella Basilica di San Domenico Maggiore a Napoli. In una di queste fu ritrovata la mummia pressoché intatta di un bambino di due anni che indossava la veste monastica dell’Ordine Domenicano. Oggi i ricercatori sono riusciti a ottenere il completo sequenziamento del genoma di un antico ceppo del virus dell’epatite B (HBV).

Pochi cambiamenti
«Mentre in genere i virus si evolvono molto rapidamente, è stato visto che questo antico ceppo di HBV è mutato poco negli ultimi 450 anni – spiega il prof. Fornaciari – È stata infatti rilevata una stretta relazione tra i ceppi antichi e moderni di epatite B: entrambi mancano di quella che è nota come «struttura temporale». In sintesi, spiegano i ricercatori in una nota – non esiste un tasso misurabile di evoluzione nel virus dell’epatite B durante gli ultimi 450 anni. «La spiegazione potrebbe consistere nel fatto che essendo l’epatite B una malattia sessualmente trasmessa, e non tramite animali o insetti vettori, il virus non ha avuto la necessità di mutare almeno negli ultimi cinque secoli».

Come mai è stata scambiata con il vaiolo?
Ricerche condotte trenta anni fa avevano ipotizzato si trattasse di vaiolo a causa di un evidente residuo, nella mummia, di eruzione-pustolosa. Tuttavia, oggi abbiamo a disposizione tecniche avanzate di mappatura genetica, le quali hanno chiaramente dimostrato che il bambino era affetto dal virus dell’epatite B. Effettivamente, tale patologia può portare allo sviluppo di un’eruzione facciale denominato sindrome di Gianotti-Crosti – che potrebbe aver tratto in inganno gli scienziati.

Perché è importante studiare i virus antichi?
«Più comprendiamo meglio il comportamento delle pandemie e delle epidemie passate, maggiore è la nostra comprensione di come i moderni agenti patogeni potrebbero diffondersi. E queste informazioni alla fine contribuiranno agli sforzi per controllare questi minuscoli killer», afferma Hendrik Poinar, genetista evolutivo del McMaster Ancient Dna Center e investigatore principale all'Istituto Michael G. DeGroote per la ricerca sulle malattie infettive. I risultati della ricerca sono stati pubblicati recentemente su Plos Pathogens

Fonti scientifiche
[1] Università degli studi di Pisa - Identificato il virus dell’epatite B in una mummia di 450 anni fa