Cibo spazzatura e zuccheri i killer del fegato dei bambini
Mangiare alimenti zuccherati e cibo spazzatura, ricco anche di grassi, è causa di obesità, sindrome metabolica e danni al fegato nei soggetti più giovani. Lo studio italiano
ROMA – Non solo l’obesità infantile è una piaga che interessa sempre più anche l’Italia, ma secondo un nuovo studio, proprio l’assunzione di zuccheri contenuti in dolci e merendine o del più noto cibo spazzatura può causare seri danni al fegato dei bambini, provocando tra l’altro il manifestarsi della sindrome metabolica.
Fegato in pericolo
Uno dei danni causati dall’assunzione di cibo malsano ricco di zuccheri, grassi e così via, è che il fegato non riesca più a smaltire l’eccesso di lipidi. L’eventuale obesità o sovrappeso che accompagnano questo malcostume dietetico, possono dare luogo alla cosiddetta sindrome metabolica, ossia un insieme di fattori di rischio che aumentato il rischio di malattie cardiache o cardiovascolari (tra cui ictus, infarto del miocardio), diabete a altre ancora.
Più grave nei bambini
La ricerca condotta dalla Fondazione Italiana Fegato (FIF) nei laboratori dell’Area Science Park di Trieste, focalizzata sulla cattiva alimentazione e le conseguenze patologiche dell’obesità infantile, mette in evidenza una situazione assai preoccupante: la progressione della malattia è più veloce in età pediatrica, e la prognosi è in genere più grave rispetto agli adulti. Infine, le conseguenze sarebbero più gravi nei maschi rispetto alle femmine.
Lo studio
Lo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Plos One, è stato condotto su modello animale al fine osservare gli effetti della sindrome metabolica in età infantile e le possibili implicazioni a carico del fegato. Per fare ciò, i ricercatori hanno alimentato un gruppo di topi con una dieta ricca di grassi subito dopo lo svezzamento, che corrisponde a circa i 3 anni d’età nell’uomo. La dieta è stata somministrata per altre 16 settimane, che corrispondono a circa 30 anni d’età nell’uomo.
I risultati
Al termine dei test, tutti i modelli hanno sviluppato un danno significativo epatico, che è risultato molto più pronunciato nei topi di sesso maschile, rispetto alle femmine. Nello specifico, l’86% dei maschi è giunto al cosiddetto punto di non ritorno, condizione raggiunta soltanto dal 15% delle femmine. Tutti e due i generi hanno tuttavia mostrato un’attività infiammatoria epatica, che era visibile già all’inizio dello studio nei soggetti maschi e poi osservata nelle femmine al termine della sperimentazione. «Considerando che l’obesità infantile è in esplosione anche da noi – scrivono gli autori – e che il danno al fegato da sindrome metabolica diventerà nei prossimi anni la principale causa di trapianto di fegato, il modello sarà un’ottima piattaforma per studiare i meccanismi che portano al danno, capire le differenze maschio/femmina e testare farmaci e nuovi approcci diagnostici».