6 ottobre 2024
Aggiornato 21:00
Primo soccorso: l’infarto

Attacco cardiaco o infarto: come intervenire in caso di emergenza e tutti gli esami da richiedere al personale medico

In caso di infarto la tempestività è fondamentale e può salvare una vita. Ecco le manovre di primo soccorso e gli esami clinici da richiedere per evitare errori medici

Primo soccorso in caso di infarto
Primo soccorso in caso di infarto Foto: Shutterstock

Può accadere a persone particolarmente a rischio, per le quali si ipotizza un evento di questo genere. Ma anche a uomini o donne del tutto insospettabili. In pochi istanti la vita nostra e quella di chi ci sta accanto sta per cambiare: c’è un infarto in atto. E dal nostro intervento di emergenza e da quello del Pronto Soccorso dipenderà la sua sorte. Non c’è tempo da perdere e non si può sbagliare.

  • Approfondimento: cos’è un infarto del miocardio
    L’infarto cardiaco avviene quanto un’arteria coronaria – un vaso che porta il sangue dal cuore al resto del corpo – si occlude improvvisamente. Generalmente l’occlusione è data dalle placche aterosclerotiche (o ateromi) presenti all’interno dei vasi. Va precisato, però, che non è la placca a causare l’infarto ma la sua rottura, che determina un coagulo di sangue. Raramente l’infarto può essere causato da altri fattori come un rigetto da trapianto cardiaco, uno spasmo coronarico ecc.

Infarto in atto, come riconoscerlo
Prima di tutto è importante saper valutare i sintomi di un possibile infarto. Il paziente, di norma, accusa un forte dolore al centro del petto e al braccio sinistro. Ma si può irradiare anche alle spalle, alla testa, alla nuca e allo stomaco. Spesso accade che si confonde il dolore come un forte mal di stomaco o un’indigestione e, nel tentativo di evacuazione, la spinta aggrava non di poco la situazione. Al contrario, forti coliche biliari o dolori intercostali fanno pensare a un infarto anche se non lo è.

Aggravamento dei sintomi dell’infarto
Se non si interviene in tempo, i sintomi si possono aggravare e si può manifestare anche una forte sudorazione, nausea, vomito, vertigini, pallore cutaneo e respiro corto. In alcuni casi il paziente potrebbe perdere i sensi.

Infarto: interventi di primo soccorso
Se sospettate si tratti di un infarto cardiaco, la prima mossa da fare è quella di chiamare il 118. In attesa che arrivino i soccorsi fate sedere l’infartuato e tenetelo a riposo. Se c’è un arresto cardiocircolatorio in atto è importante eseguire la respirazione artificiale e il massaggio cardiaco.

  • Approfondimento: come eseguire la respirazione artificiale
    Posizionate il paziente a terra, in posizione supina con il capo iperesteso, ovvero con il mento leggermente verso l’alto. A questo punto insufflate aria con la vostra bocca all’interno della sua, avendo cura di serrare le narici. Se la respirazione è stata eseguita correttamente, il torace si deve espandere. AL contrario, significa che alcune vie aeree sono ostruite.

Eseguire tempestivamente il massaggio cardiaco
In presenza di arresto cardiaco, oltre alla respirazione artificiale, è importante eseguire anche il massaggio cardiaco. Mettete il paziente a terra, in posizione supina con il capo iperesteso. Sedetevi accanto a lui, di fianco, in ginocchio. Ora unite le vostre mani con in palmi uno sopra l’altro e poggiateli nella parte inferiore dello sterno, poco prima del processo xifoideo. Le mani devono andare giù di circa 3-4centimetri. Si eseguono, generalmente, 15 compressioni alla frequenza di 60 al minuto. Se il malato non si riprende, alternate le compressioni con la respirazione bocca a bocca. Se avvertite di nuovo il battito cardiaco, terminate il massaggio e continuate con la respirazione artificiale fino a che riprende a respirare normalmente. Quando il paziente riprende a respirare la cianosi (colorito bluastro) dovrà ridursi notevolmente e il colorito dovrà essere di nuovo roseo.

Quando si arriva al Pronto Soccorso dopo un infarto
L’esame di routine che si esegue al Pronto Soccorso è l’elettrocardiogramma (ECG). In caso di infarto vengono evidenziate delle classiche alterazioni. Insieme può essere richiesta anche un’ecografia del cuore che mostra, nei pazienti infartuati, una scarsa contrazione del cuore.

Quando c’è un dubbio sull’infarto
Può capitare che al Pronto Soccorso il personale medico abbia dubbi circa la natura del dolore toracico e della sintomatologia in genere. Se ecocardiogramma ed elettrocardiogramma non sono stati sufficienti per la corretta diagnosi, vengono richiesti specifici esami di laboratorio. L’American Heart Asociation e il College of Cardiology hanno definito i criteri necessari alla diagnosi di sindrome coronarica. Devono, quindi, essere presenti sempre tre elementi: dolore toracico, elettrocardiogramma ‘positivi’, marker specifici rilevabili attraverso l’esame del sangue. Questi ultimi sono la Troponina I, la Mioglobina e la CK-MB. Valori che però si identificano almeno tre ore dopo l’evento. Tra questi, la più importante sembra essere la Troponina I, assente nei soggetti sani.

Cos’è la mioglobina e i valori normali
Alla stregua della Troponina I, anche la mioglobina è una proteina che si trova nelle cellule muscolari. Il suo compito è quello di estrarre ossigeno dai capillari sanguigni e di portarlo nei mitocondri allo scopo di produrre energia. Durante una sofferenza cardiaca – o danno ischemico – vengono rilasciate enormi quantità di Mioglobina: ciò significa che l’ossigeno si sta riducendo a livello cardiaco e si è innescato un meccanismo compensatorio. Per identificarla, però, è necessario attendere almeno 2 o 3 ore dopo l’infarto. Ma non bisogna aspettare più di 15-24 ore, perché viene smaltita a livello renale. I valori di Mioglobina sono considerati normali fino a 110 mg/L, un innalzamento – se associato all’aumento di Troponina I – potrebbe far pensare a un infarto.

La CK-MB o Creatinchinasi-MB
Si tratta di un enzima della creatinchinasi che si trova a livello cardiaco, e in minima parte anche nei polmoni, nell’utero, nell’intestino, nella milza e nella prostata. La sua alterazione mostra un possibile infarto del miocardio, un danno al cuore, ma può presentarsi anche in caso di intervengono chirurgico a carico del muscolo cardiaco, se associato a valori anomali di Troponina I e Mioglobina. Si ritiene che tale enzima sia coinvolto nei processi energetici, essendo implicato nella formazione dell’ATP. Tuttavia, alcune alterazioni si verificano anche in caso di distrofia muscolare, sofferenza cardiaca da sport eccessivo e miocardite. Esattamente come accade per gli altri due marker specifici, anche la CK-MB può diagnosticare un infarto solo tre ore dopo l’evento e fino a un massimo di 72 ore dopo. I valori normali sono di 5 mg/litro.

È importante sottolineare che per la diagnosi si infarto devono essere presenti tutti e tre i marker – e non solo uno – e alterazioni a livello elettrocardiografico ed ecocardiografico associate a dolore toracico. I pazienti che hanno già avuto un infarto dovrebbero assumere per il resto della vista acido acetilsalicilico e farmaci anticolesterolo.