2 ottobre 2025
Aggiornato 17:00
A cura di Carla Pilolli

Mammografia

Per difendere la mammella nata per nutrire non per attrarre

Ogniqualvolta si parla di prevenzione dei tumori alla mammella , il j’accuse degli oncologi è rivolto alle donne che fin dall’età adolescenziale, ci tengono tanto al loro seno da un punto di vista estetico visto che sempre più frequenti sono gli interventi per farne un’arma di seduzione, ma poi lo curano poco dal punto di vista salutistico. Eppure dovrebbero tener presente l’allarme tumore che fa registrare ogni anno un numero assai alto di cancro al seno che rappresenta tra i 35-39 anni il 13% delle morti femminili e tra i 50 e i 54 anni, il 19%. Prevenire questi mali sarebbe quanto mai facile per salvare insieme al seno la vita, in senso lato, perché ognuna delle due strutture ghiandolari poste nella parte anteriore del torace, ipotrofiche nel maschio, sviluppate nelle femmine, sono destinate alla secrezione del latte per l’alimentazione dei piccoli nel primo periodo della loro esistenza. La spia dei tumori è infatti è la mammografia. E’ una spia che sta scoprendo, sempre con una crescente frequenza, casi di tumore pre-invasivo.

Bisogna sapere che le mammelle sono costituite essenzialmente da un grappolo di 10-12 piccole ghiandole disposte a lobi e lobuli, comunicanti tra loro con un sistema di canali (tubuli intralobulari, dotti interlobulari), che nascono a fondo cieco o a gemmazione nelle ghiandole e nel decorso verso l’esterno incontrano piccole dilatazioni (seni lattiferi), da cui si dipartono i dotti galattofori che sboccano sul capezzolo. L’abbondante tessuto connettivo fibroso e adiposo, che si trova fra le ghiandole con funzioni di sostegno, determina la forma della mammella. Ed a proposito della forma pare che il seno delle donne non si sarebbe evoluto come ineguagliabile strumento per attirare i maschi della specie, ma al contrario avrebbe acquisito la sua caratteristica forma per mantenere le distanze. Non tra individui adulti naturalmente, ma tra il naso dei poppanti e il petto della madre. Infatti, se la morbida curvatura del petto non facesse sporgere in fuori il capezzolo, per nutrirsi i neonati dovrebbero schiacciare il volto contro il corpo di chi allatta e ciò renderebbe difficile respirare e succhiare allo stesso tempo. L’intuizione è balenata a Gillian Bentley, un’antropologa inglese, mentre era intenta a nutrire la sua bambina.

Le donne sono mediamente provviste di un petto molto grande e sporgente se comparato a quello degli altri primati. Di solito il fenomeno viene spiegato come una conseguenza dell’acquisizione della postura eretta, che avrebbe reso il torace sempre ben visibile, favorendo lo sviluppo di una parte considerata dai maschi irresistibilmente seducente. La Bentley però ha rilevato che in molte culture il seno non riveste l’attrattiva erotica che in Occidente si è soliti attribuirgli, come dimostra il fatto che viene portato scoperto e che non gli si riservano cure particolari. Dunque sembra più probabile che il petto delle donne si sia ingrandito di pari passo con l’appiattimento della faccia della nostra specie, che ha portato quasi sullo stesso piano la bocca e il naso. Una simile spinta evolutiva non si è manifestata invece negli altri primati, perché le labbra e le mascelle dei loro piccoli sono molto prominenti e quindi al momento della poppata possono succhiare, continuando a respirare senza difficoltà.