18 aprile 2024
Aggiornato 21:00
Scienza & Medicina

Per vincere il tumore al colon si punta su test genetico

Verificherà la presenza di metastasi e l'efficacia dei farmaci innovativi

ROMA - I farmaci biologici sembrano rappresentare la strada migliore per contrastare i malati di tumore del colon-retto, la seconda neoplasia per incidenza, in senso assoluto, per gli uomini e le donne: secondo gli esperti potrebbe essere determinante per tutti quei malati, sottoposti a test genetico, per i quali si appurerà che hanno le caratteristiche adatte per recepirli. A sostenerlo sono i promotori del progetto 'Kras-Aktive', nato con l'obiettivo di supportare i centri clinici impegnati nell'esecuzione di questo test. L'iniziativa prevede una sorta di screening 'predittivo' dell'esito della chemioterapia: il test genetico, che svolgeranno i centri convenzionati in collegamento con i laboratori di biologia, permetterà ad oncologi e anatomopatologi di comprendere se effettivamente la chemioterapia è una strada che ha buone possibilità di riuscita. In questo modo si esaminerà preventivamente l'integrità del gene Kras (requisito indispensabile per l'efficacia della cura).

La condizione della proteina 'Kras' può essere identificata con un semplice test, che, in genere, utilizza tessuti tumorali prelevati con la biopsia al momento della diagnosi e conservati in appositi archivi. Il risultato sarà utile al medico per scegliere se sottoporre o meno un paziente a un determinato trattamento con farmaci biologici mirati a inattivare il fattore di crescita del tumore.

Le qualità di questa nuova strada per combattere il tumore del colon-retto sono state presentate all'Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma: secondo gli esperti del settore l'efficacia del metodo è notevole, soprattutto perché adottabile anche in una fase abbastanza avanzata della malattia; quindi anche in presenza di metastasi.

«Determinare lo stato del gene Kras - ha detto Carlo Garufi, oncologo del Regina Elena -, se normale o mutato, è importante é la presenza di mutazioni può influenzare la risposta alle terapie mirate che, in associazione con la chemioterapia, si sono dimostrate efficaci nel trattamento del tumore del colon-retto in fase metastatica. Si può dire che, col tempo, questo test diventerà ciò che lo studio dei recettori ormonali è per il tumore della mammella, cioè una routine effettuata in prima istanza per giungere a una caratterizzazione biologica di ogni specifica neoplasia e, potenzialmente, a predire la risposta alla terapia di un particolare paziente».

Il tumore del colon-retto, dovuto alla proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa che riveste le pareti interne dell'intestino, è assai più diffuso di quanto molti ritengono: l'incidenza complessiva della malattia, cresce con l'età e diventa più frequente a partire dai 60 anni, raggiungendo il suo picco intorno agli 80 anni. Le stime dell'AIRT per l'Italia, contano oltre 20 mila nuovi casi per gli uomini e più di 17 mila casi per le donne.

«Nel Lazio ogni anno - ha spiegato Garufi - sono circa 4.000 nuovi casi di tumore del colon-retto una patologia che rappresenta il secondo tumore in senso assoluto per uomini e donne. Fortunatamente, la malattia può essere efficacemente curata con la chirurgia, negli stadi precoci della malattia. Ma, nel 25% dei casi, il paziente giunge alla diagnosi quando il tumore è già in metastasi. Va detto, da questo punto di vista, che occorrono su tutto il territorio programmi di screening più accurati, E il 50% dei pazienti che viene operato sviluppa successivamente metastasi nel corso degli anni successivi.