18 aprile 2024
Aggiornato 14:00

Chemioterapia più efficace per il trattamento del tumore alla mammella

Una variante genetica risulta determinate nella scelta

Ricercatori del National Cancer Institute americano hanno compreso che vi è un rapporto tra il profilo genetico delle donne affette da tumore alla mammella e la loro risposta al trattamento chemioterapico. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Clinical Cancer Research. In particolare, è stata individuata una variante genetica, localizzata nel gene SOD2, che può determinare come la paziente reagisce al trattamento chemioterapico con ciclofosfammide, impiegato frequentemente per curare, tra gli altri, il carcinoma alla mammella. Il gene SOD 2 produce una proteina chiave che protegge le cellule dai radicali liberi, prodotti dai normali processi cellulari e dall’azione di alcuni farmaci chemioterapici.

La variante identificata dai ricercatori nel gene SOD2 influisce nello specifico sulla struttura e sulla funzione della proteina codificata, un enzima antiossidante noto come superossido dismutasi manganese dipendente (MnSOD). MnSOD infatti agisce proteggendo le cellule dal danno causato dai radicali liberi, che, in livelli eccessivi, possono risultare tossici. Proprio per questo alcuni farmaci antitumorali sono basati sulla capacità di aumentare la produzione di radicali liberi, letale per le cellule. Alcuni studi hanno indicato che, poiché MnSOD neutralizza questi ultimi, è in grado di diminuire gli effetti dei farmaci chemioterapici. Per esempio, in laboratorio e su modelli animali, l’incremento dell’attività di MnSOD è risultata proteggere le cellule dagli effetti tossici della doxorubicina, ampiamente impiegata come farmaco anticancro. Nel nuovo studio invece sono state analizzate 588 donne affette da carcinoma alla mammella, delle quali solo alcune erano state trattate con chemioterapia, determinandone preventivamente il genotipo, e quindi quale variante di SOD2 avevano. Tra le pazienti trattate con chemioterapia, quelle con una variante vedevano ridursi la sopravvivenza, e quelle con un’altra mostravano addirittura un indice più basso. Ripetendo l’esperimento con altri chemioterapici – 5-fluorouracile, doxorubicina, e ciclofosfammide, di cui gli ultimi due produttori di radicali liberi – si è visto la presenza di una particolare variante risultava associata alla riduzione della sopravvivenza delle pazienti trattate. Gli effetti più rilevanti sono emersi dal trattamento con ciclofosfammide.

In futuro il gruppo di ricerca conta di esaminare l’influenza di diverse varianti genetiche sulla resistenza ad altri chemioterapici.