18 aprile 2024
Aggiornato 19:00
Lunga intervista al settimanale «L'Espresso»

Saviano: Io non mi candido

Mi hanno sondato Pd, Pdl, Lega e Fini. Ma nessuno per una «Lista civica». In questo momento la parola «partito» è una parola perdente. Nessun gruppo politico può più pensare che con il termine «partito», inteso come brand, possa oggi parlare alle persone

ROMA - «Non ho mai voluto candidarmi a parlamentare, mai ambito a nessuna carica politica, né di sindaco, né di ministro, nonostante abbia avuto molte proposte. Non intendo in nessun modo costruire liste, non intendo dare appoggi esterni, non intendo costruire consenso in modo da dirottare voti. Il mio ruolo e il mio lavoro li ho sempre visti da una prospettiva diversa: sono un narratore. Ragionerò, discuterò, farò il mio lavoro di raccontatore, reporter, scrittore, ma nulla che abbia a che fare con campagne elettorali». In una lunga intervista al settimanale L'Espresso, Roberto Saviano ha negato qualunque iniziativa di natura politica.

Nessun contatto per la «Lista Saviano» - Nel colloquio, che sarà pubblicato nel numero in edicola domani, descrive gli approcci portati avanti dai partiti negli scorsi anni, da Berlusconi a Fini, dai leghisti al Pd: «In realtà non le ho avvertite come vere e proprie proposte, più come un modo per capire quali fossero le mie intenzioni. Per potersi tranquillizzare o eventualmente correre ai ripari». Sostiene di non essere mai stato contattato in merito alla «Lista Saviano» di cui si discute da giorni: «Mai nessuno. Non mi hanno cercato né i politici con cui sarei schierato, né i giornalisti che ne hanno scritto».

«Scelta di libertà» - In ogni caso Saviano ha ribadito la sua «scelta di libertà»: «Credo - ha detto - che le mie storie siano ascoltate e possano arrivare a tante persone proprio perché non mi sono mai schierato in un gruppo, in un partito. Il che non significa aver mantenuto una posizione di equidistanza, di convenienza. Anzi, ho sempre partecipato attivamente al dibattito, di volta in volta prendendo delle posizioni, criticando ma non schierandomi in un progetto politico. La mia sensazione è che le proposte politiche che mi sono state fatte fossero solo un modo per raccogliere voti, per appropriarsi del potenziale di consenso che ricevo dalle trasmissioni, dai teatri, dalle persone che mi ascoltano».

La parola «partito» è perdente - D'altra parte in Saviano è esplicita la sfiducia nella «partitocrazia»: «In questo momento la parola 'partito' è una parola perdente. Nessun gruppo politico può più pensare che con il termine 'partito', inteso come brand, possa oggi parlare alle persone: 'partito' ormai coincide con corruzione. Su Facebook tutto è istinto, tutto è immediato, spesso si legge un post e la risposta arriva fulminea: 'Non fare politica perché è una schifezza', 'Sono tutti sporchi'. Ormai non si riesce più a distinguere tra politici, e anche se è ingiusto e demagogico generalizzare, la politica ha davanti a sé un'unica strada: deve repentinamente, imperativamente, immediatamente cambiare rotta. Anche chi non si ritiene colpevole, deve capire che è il momento di spalancare le porte alle nuove generazioni».

Delusione per il Governo Monti - Infine, parlando di lotta alla mafie, Saviano non ha nascosto la delusione per il governo Monti: «I social network raccontano un Paese spesso deluso da questo esecutivo perché si aspetta delle decisioni. Il governo tecnico fatto di disciplina e prudenza sembra aver paura di prendere decisioni politiche. Ebbene, in questo momento, la questione tecnica principale è proprio la questione politica».