18 aprile 2024
Aggiornato 23:30
Contrasto alla criminalità organizzata | 'Ndrangheta

Crotone, sequestrati beni per 4 milioni di euro

Il decreto di sequestro preventivo è stato emesso dal Tribunale di Catanzaro a conclusione dell'indagine «Corto Circuito» condotta dai Carabinieri. Commissione del CSM apre pratica su pm antimafia Cisterna

CATANZARO - Beni per quattro milioni di euro sono stati sequestrati questa mattina in un operazione congiunta alla cosca Maesano di Isola capo Rizzuto in provincia di Crotone. L'operazione, condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Crotone e dai finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro, ha portato al sequestro tra l'altro di beni immobili, quote societarie e conti correnti.
I provvedimenti di sequestro sono due: uno emesso dal Tribunale di Catanzaro e l'altro dall'Ufficio misure di prevenzione del Tribunale di Crotone, su richiesta del procuratore della Dda di Catanzaro, Vincenzo Lombardo, e dal pm Salvatore Curcio.

Indagine «Corto Circuito» - Il decreto di sequestro preventivo è stato emesso dal Tribunale di Catanzaro a conclusione dell'indagine «Corto Circuito» condotta dai carabinieri e finalizzata al contrasto dell'impiego di beni di provenienza illecita in attività economico-finanziarie ed al trasferimento fraudolento di valori che sarebbe stato portato a termine dalla famiglia Puccio, ritenuta vicina alla cosca Maesano. L'indagine è partita dopo due segnalazioni di operazioni finanziarie sospette effettuate dall'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia di Roma a carico di alcuni componenti della famiglia Puccio. L'altro decreto è stato emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Crotone nell'ambito dell'indagine «Puma», portata a termine dai carabinieri il 28 dicembre 2006, contro presunti affiliati alla cosca Maesano, responsabile, secondo l'accusa, anche del controllo illecito di attività economiche connesse a villaggi turistici di Isola di Capo Rizzuto e Botricello nel catanzarese.

Commissione del CSM apre pratica su pm antimafia Cisterna - La Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, competente per le inchieste riguardanti i magistrati, ha aperto una pratica sul caso del sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia Alberto Cisterna. Secondo le accuse che il collaboratore di giustizia Antonio Lo Giudice gli ha rivolto, il magistrato si sarebbe fatto corrompere per consentire il trasferimento dal carcere ai domiciliari del fratello del pentito, Maurizio, anch'egli collaboratore di giustizia. A seguito delle dichiarazioni di Lo Giudice, Cisterna è stato iscritto l'estate scorsa nel registro degli indagati dalla Procura di Reggio Calabria.
Il collaboratore del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso è stato convocato in audizione a palazzo dei Marescialli il 17 novembre. Sarà assistito, nella veste di difensore, dal procuratore di Torino Marcello Maddalena. Non si tratta di un procedimento disciplinare, anche se per i magistrati di norma il procuratore generale della Cassazione avvia gli accertamenti in automatico quando vengono indagati: al momento non c'è una incolpazione per Cisterna di fronte alla sezione disciplinare del Csm. Tuttavia, il pm della Dna rischia il trasferimento per incompatibilità: se anche non vi fosse alcuna 'colpa' da ravvisare nei comportamenti di Cisterna, il fatto che sia coinvolto in un'indagine per fatti che coinvolgono esponenti della criminalità organizzata potrebbe essere sufficiente a determinare l'opportunità di un suo spostamento ad altro ufficio.