18 aprile 2024
Aggiornato 14:30
Crack Cirio

Condannati Cragnotti e Geronzi, assolto Fiorani

Condanna a 9 anni di reclusione per l'ex patron della Lazio. 200 milioni di risarcimento per l'amministrazione del gruppo

ROMA - Sentenza con «pene modeste» e un maxi risarcimento, alla fine del processo per il crack Cirio. La condanna a 9 anni di reclusione per l'ex patron della Lazio, Sergio Cragnotti, e quella a 4 anni dell'ex presidente della Banca di Roma, Cesare Geronzi, non accoglie in pieno le richieste della Procura e fa cadere una accusa di bancarotta preferenziale. L'assoluzione di Gianpiero Fiorani, che aveva risarcito l'amministrazione del gruppo agroalimentare, e quella della moglie di Cragnotti, la signora Flora Pizzichemi, completa un primo quadro d'assieme del caso che tra il 2002 e il 2003 fece andare in default obbligazioni per 1,125 miliardi di euro e crollare il castello di carte della galassia guidata da Cragnotti e gli altri.

La penale responsabilità di Filippo Fucile (che ha avuto 4 anni e 6 mesi) così come quella di alcuni amministratori e manager, che a suo tempo figurarono nei consigli di amministrazione, chiarisce quelle responsabilità che secondo l'accusa portarono nel breve volgere di due anni al tracollo. Il riconoscimento a titolo di provvisionale del risarcimento di 200 milioni di euro a favore dell'amministrazione straordinaria del gruppo che ancora oggi si occupa di alimenta a «scadenza ritardata», come dicono i biologi, permette di far sorridere quei risparmiatori che nel breve volgere di alcuni mesi passarono dalle promesse che venivano fatte da persone di fiducia al depauperarsi di liquidazioni e risparmi.

Per questo l'avvocato Nicola Madia afferma: «Non si è mai soddisfatti di fronte ad una sentenza di condanna, che genera sempre sofferenze. Mi consola soltanto sapere che un popolo di risparmiatori che hanno visto andare in fumo i loro risparmi possano ricevere indietro parte di quanto perduto». E quasi di rimando l'avvocato Paola Severino, che ha difeso Geronzi insieme con Ennio Amodio, afferma: «Non posso nascondere la delusione per il mio assistito e per il sistema bancario nel suo complesso perché questa sentenza mette in crisi il rischio di impresa che assume anche un rilievo penale. Non nego che in questa pronuncia ci sia anche un aspetto positivo che è rappresentato dal ridimensionamento della pena rispetto a quanto richiesto dai pm della Procura».

Il difensore di Cragnotti, il professor Massimo Krogh, è ancora più chiaro: «Siamo in presenza di una pena modesta (9 anni, ndr) rispetto alle richieste avanzate dai pubblici ministeri. Speriamo in appello di poter portare avanti le nostre ragioni perché il reato di bancarotta si può consumare anche in un singolo episodio». I pm Rodolfo Sabelli e Gustavo De Marinis aveva sollecitato pene più severe. 15 anni per Cragnotti, 8 per Geronzi e da 6 ad 8 per gli altri. A cominciare da Fiorani per passare ai familiari di Cragnotti. E forse la prescrizione di alcune ipotesi, così come il ridursi di altre, permette all'ex patron di guardare al processo senza eccessivi allarmi.
L'assenza ieri di Sergio Cragnotti nell'aula dove si è svolta la quasi totalità delle udienze si è sentita. Eppure a partire dal 14 marzo del 2008 poche erano le volte in cui il manager non fosse pronto a sollecitare i difensori e consulenti.

Le associazioni dei consumatori stimano in almeno 35mila i risparmiatori coinvolti nel crack. L'avvocato Luigi Coratella, in rappresentanza del Codacons, ne ha assistiti un migliaio. Dopo la sentenza letta dal giudice Giuseppe Mezzoofiore, ha spiegato: «E' stato riconosciuto come risarcimento, un 5 per cento del valore nominale delle azioni od obbligazioni che erano state acquistate e che finirono in fumo. Inoltre c'è stata la determinazione del diritto a riconoscere i diritti davanti al tribunale civile».