20 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Partiti politici | Lega Nord

Bossi striglia Maroni, ma continua la guerra al «cerchio magico»

La battaglia si trasferisce sul territorio, e il leader leghista in Aula «basta appiattirsi sul Premier»

ROMA - Roberto Maroni aveva provato a sopire lo scontro interno alla Lega, consumatosi in tutta la sua drammaticità ieri sera. Una dichiarazione sobria, «non ci sono lotte intestine ma solo diversità di opinioni, e poi la sintesi viene trovata». Ma Umberto Bossi non fa sconti al ministro dell'Interno, capofila della consistente pattuglia di deputati (47 su 59) che ieri ha provato a sostituire con Giacomo Stucchi il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni. Ai cronisti che gli chiedono conto del fatto che il ministro dell'Interno non sia del tutto soddisfatto dell'esito dell'elezione del capogruppo della Camera, il Senatùr replica lapidario: «Peggio per lui». E alla domanda se nella Lega la situazione sia sotto controllo, Bossi risponde: «E' sotto controllo la base, è la base che tiene sotto controllo la Lega, non Maroni».

Un attacco durissimo, con una chiusura che contrasta nettamente con la verità emersa: «Quando ci sono io non ci sono liti». Affermazione che stride con i resoconti di risse sfiorate tra deputati delle opposte fazioni, con le facce dei parlamentari che lasciavano il gruppo, con il clima di oggi tra i «reguzzoniani» e gli altri. Un attacco che secondo i 'maroniti' rivela l'opera insistente del cerchio magico per convincere Bossi che l'azione del ministro dell'Interno e degli altri big ha come unico obiettivo quello di destituirlo. «Ma nessuno di noi ci ha mai neanche pensato», ribadiscono ancora una volta.

Ma se tra i «peones» leghisti che pure avevano firmato la petizione anti-Reguzzoni qualche ripensamento c'è, i big del partito - assicura più di una fonte - sono più che mai determinati e compatti nella lotta per spezzare il cerchio magico. Alla cena di ieri dei «dissidenti», in un ristorante romano, si sono precipitati dal Nord anche il governatore piemontese Roberto Cota e il vice presidente della Lombardia Andrea Gibelli. Con Maroni, spiega un deputato, che «ha acquisito un credito pazzesco. Sapeva che sarebbe andata così, dopo la riunione a tre con Bossi e Reguzzoni, ma non ha mollato tutti i deputati che avevano messo la loro firma sotto la sua». Arrivando ad esprimere davanti al 'Capo' il suo disaccordo con la decisione, pur rinunciando alla votazione perchè «quello sì che sarebbe stato un atto contro Bossi, e non è questo l'obiettivo di Maroni».

Il fronte anti-cerchio magico riparte dunque da quello che è «l'obiettivo minimo» comunque raggiunto ieri, quando Stefano Stefani ha chiesto a Bossi se voleva commissariare Giorgetti, «e Bossi ha detto davanti a tutti di no». Insomma, «il soldato Giorgetti lo abbiamo salvato», scherza un deputato. E poi lo scontro si sposterà su due terreni diversi. Da un lato la battaglia interna, sul territorio, nelle feste locali del Carroccio, «dove faremo vedere ancora una volta chi è che si sbatte con i militanti e chi ha il consenso». Dall'altro lato in Parlamento, contro un capogruppo «appiattito su Berlusconi», come dimostrano - fanno notare alcuni parlamentari - «la fretta con cui Reguzzoni si è affrettato a dire che il discorso di Berlusconi era ottimo, o la figuraccia sulla missione in Libia, quando il capogruppo che si era schierato sulla linea di Cicchitto è stato ripreso pubblicamente da Bossi».

Perchè se il cerchio magico accusa Maroni di voler sfilare il partito a Bossi, la contraccusa è di «essersi venduti a Berlusconi». E allora c'è chi arriva a ipotizzare, nelle prossime settimane, qualche atto di 'guerriglia' parlamentare: «Mancano una quindicina dei nostri all'improvviso, e Reguzzoni se lo sostiene da solo Berlusconi...». Insomma, quello che poteva sembrare un atto di forza per ricompattare il partito, rischia di diventare la causa di una spaccatura sempre più profonda, con ripercussioni anche sul governo.