25 aprile 2024
Aggiornato 12:30
Partiti | Lega Nord

Bossi impone d'ufficio Reguzzoni, ma il partito resta diviso

Maroni non spezza il «cerchio magico»: Ai voti avrebbe vinto Stucchi

ROMA - «Avete fatto i 'coglioni' raccogliendo le firme. Il capogruppo è Reguzzoni». Umberto Bossi entra all'assemblea del gruppo della Camera e subito mette in chiaro le cose. L'unico che rompe il silenzio è Roberto Maroni, che pur accettando la decisione del 'Capo' chiede spiegazioni: «Gli accordi erano altri. E se si vota vince Stucchi». Ma l'unica concessione che il ministro dell'Interno ottiene è che la conferma di Reguzzoni sia solo fino a dicembre, quando il suo posto dovrebbe essere preso proprio da Giacomo Stucchi. A meno di altre sorprese, perchè tra i maroniti qualcuno teme che «a dicembre si ripeterà la stessa storia».

Questa la cronaca non ufficiale di un'assemblea che doveva segnare la rottura del 'cerchio magico» che dalla malattia circonda il leader leghista (Rosi Mauro, Federico Bricolo, lo stesso Reguzzoni), e che invece finisce con la conferma da parte del 'Capo' dell'attuale capogruppo. Ma se il comunicato emesso dall'ufficio stampa in cui si parla di decisione «all'unanimità su proposta di Bossi» può far pensare ad un partito che si ricompatta, la realtà è un'altra, e la si vede nelle facce - terree - della maggior parte dei deputati che lasciano la riunione. Del resto, i rapporti di forza tra i fedeli di Reguzzoni e tutto il fronte contrario era evidente nelle due cene di ieri: in quarantasette al tavolo di Roberto Maroni, in dieci con il capogruppo uscente. Ma i numeri non sono bastati, e la parola di Bossi ha stroncato le aspettative della gran parte del gruppo: in 45 avevano firmato la petizione per convocare l'assemblea.

I commenti dei vincitori raccontano di un partito unito, che segue il leader: «Non è successo niente: come sempre, Bossi ha deciso e il partito lo segue unito». «Se ce n'era bisogno, Bossi ha fatto capire a tutti che chi comanda è sempre lui». Un senso che si ritrova anche nella dichiarazione del vincitore: «Nella Lega c'è un solo leader, e io sono bossiano integralista». Una evidente frecciata a Maroni. E proprio sul timore di una 'deposizione' per mano del 'delfino' avrebbe giocato il 'cerchio magico' per convincere Bossi a riconfermare lo status quo: «Maroni è sempre quello del '94, vuole fare un blitz e prendersi il partito».

Di segno opposto le reazioni del fronte anti-cerchio magico, che metteva insieme gli uomini di Maroni, di Calderoli, di Giorgetti, e anche i veneti, preoccupati per la richiesta di commissariamento del loro segretario Giampaolo Gobbo da parte di Mauro e Bricolo: «Ha perso tutta la Lega». «Non siamo più la Lega di una volta». Perchè la partita, spiegano gli sconfitti, «non si giocava certo sulla leadership di Bossi, che nessuno ha mai neanche pensato di mettere in discussione». Il problema, dice un 'maronita', è che «in ballo c'è il futuro della Lega: non possiamo restare un partito carismatico, e pensare che il Trota possa prendere il posto del padre». Insomma, quello che può essere visto a primo sguardo come un segnale di forza di Bossi, rischia di diventare il primo sintomo della sua debolezza: «Nessuno di noi contesterà mai la leadership di Bossi, ma per la prima volta - spiega un dirigente - una decisione del 'Capo' ha lasciato sconcertati molti di noi».

Insomma, una Lega divisa anche più di prima, e che per la prima volta non reagisce entusiasta ad una decisione di Bossi. E una Lega, è il timore dei 'maroniti', che «si appiattirà ancora di più su Berlusconi, quando invece avevamo bisogno di incalzare il governo per ottenere quanto promesso ai nostri militanti a Pontida». Ma se il fronte anti-cerchio magico esce sconfitto dalla battaglia, è già tracciata la linea Maginot: «Se ora provano a toccare Giorgetti, il partito esplode».