20 aprile 2024
Aggiornato 15:00
«Giustizia patologia»

Berlusconi rivendica lo sfogo in mondovisione

Il Premier: «Ne ho parlato con i leader. Giudici aggrediscono il mio patrimonio»

DEAUVILLE - Le telecamere lo hanno ripreso soltanto mentre propinava il suo sfogo a Barack Obama e a Dmitri Medvedev. Ma mica poteva bastare a Silvio Berlusconi: per lui tutti devono sapere - soprattutto all'estero - che in Italia c'è una patologia che si chiama «dittatura dei giudici» che sta cercando di eliminare il presidente del Consiglio «democraticamente eletto dal popolo» con una sentenza e una «aggressione patrimoniale».
Il premier italiano difende così il 'suo' G8, passato in buona parte a cercare capannelli per spiegare che in Italia c'è una «intollerabile interferenza dei pm» nella vita politica mentre gli altri erano più concentrati su primavera araba, Libia, sicurezza nucleare.

Il Cavaliere arriva in conferenza stampa e legge un testo, cosa rara per lui che ama andare a braccio. Ma ha una necessità: difendere la scelta di essersi messo a raccontare i problemi della giustizia italiana agli uomini più potenti del mondo rimanendo nei binari tracciati dal suo staff per far 'rientrare' il caso. Non che Berlusconi abbia fatto passi indietro, anzi. E così, dopo aver evitato per qualche giorno il suo cavallo di battaglia causa rischio di zavorra sui ballottaggi, il Cavaliere si è ritrovato a Deauville ancora a parlare dei pm. Serve a poco anche la precisazione che, fatta salva la dichiarazione, si concederà solo alle domande sui temi del G8. L'impegno resta sulla carta.

Berlusconi parte da una premessa che peraltro ripeterà più volte: i giornali raccontano solo falsità. Il Cavaliere spiega di voler fare una «precisazione» rispetto ai resoconti che i giornalisti hanno fatto della sua conversazione con Obama. «A parte che è stato riportato soltanto un frammento fuori dal contesto di un ragionamento più ampio - è stato l'esordio - ritengo mio preciso dovere istituzionale ogni qualvolta che ho occasione di incontrare capi di Stato e di governo, di spiegare a loro quale sia la situazione in Italia, anche in relazione a vicende che ne potrebbero minare la credibilità e minare la credibilità di chi rappresenta il Paese».

Il ragionamento del premier è questo: in Italia i pm interferiscono al punto da aver fatto cadere governi democraticamente eletti. E tutto questo senza mai pagare per i loro errori. Vedi il suo caso: 31 processi e 24 tra assoluzioni e prescrizioni. Berlusconi ripete in conferenza stampa le stesse cifre che ha snocciolato prima al presidente americano e poi a quello russo. E rivendica la sua scelta. «Ho parlato con tutti, non qui ma anche prima. Ho ritenuto mio dovere - sottolinea -informarli di quella che è la situazione in Italia».
Agli stessi leader mondiali Berlusconi dice di aver garantito che però ora lui ha una maggioranza tale da consentirgli di fare la riforma della giustizia. E fino a quando non raggiungerà questo obiettivo - giura - non lascerà la politica. Un messaggio forse più diretto a chi ha avviato la guerra per la sua successione che non ai meno interessati colleghi capi di Stato e di governo. Anche se Berlusconi assicura di aver ricevuto da Barack Obama «cordialità, amicizia e sostegno».

La Sentenza del Lodo Mondadori - Ma il tarlo che più ha condizionato lo sfogo in mondovisione del premier è quello cui fa cenno senza nominarlo direttamente: la sentenza d'appello per il risarcimento di 750 milioni per il lodo Mondadori. La decisione dei giudici è attesa a giorni. Per questo Silvio Berlusconi parla di «aggressioni al suo patrimonio» attuate con il solo obiettivo di farlo fuori dalla scena politica. Non è un caso nemmeno se quel 'vergognatevi' detto ai giornalisti sia arrivato a seguito della domanda dell'inviato di Repubblica che Berlusconi non guarda mai in faccia.
Insomma, a Deauville il Cavaliere prova a 'correggere' l'immagine di anatra zoppa davanti ai leader esteri. Prima che le urne diano la sentenza definitiva sui ballottaggi di Milano e Napoli e che una eventuale sconfitta faccia sentire il suo peso sulle sorti del governo.