25 aprile 2024
Aggiornato 02:30
I dati della ricerca, pubblicati su «Studi emigrazione»

Immigrati? Sì, purché colti

Un’indagine dell’Irpps-Cnr rileva la percezione degli italiani verso i lavoratori dell’Est europeo: i laureati sono meglio accetti. Ma finiscono per occupare posti inferiori ai loro titoli di studio

ROMA - In Italia il flusso migratorio costituito da laureati provenienti dai paesi dell’Est europeo è rilevante, ma la percentuale di quanti svolgono professioni intellettuali è molto bassa: un caso di ‘spreco di cervelli’ (‘brain waste’). L’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps-Cnr), che svolge da tempo studi sulle ‘skilled migrations’, presenta una recente ‘Indagine sull'inserimento lavorativo delle immigrazioni qualificate provenienti dai Paesi dell'Est europeo’, pubblicata su ‘Studi emigrazione’, il prossimo martedì 16 novembre presso la sede centrale del Cnr (piazzale Aldo Moro 7, Roma - ore 16.00) durante una tavola rotonda su ‘Le migrazioni qualificate dall’Europa dell’Est verso l’Italia’.

Lo studio dell’Irpps-Cnr si è articolato in un’indagine telefonica sulla percezione della popolazione italiana riguardo agli immigrati qualificati, effettuata su un campione di 1.500 adulti ripartiti proporzionalmente per genere, classi d'età e aree geografiche. «Il 30% degli intervistati considera positivo il ruolo svolto dagli immigrati per alcuni settori della nostra economia e il 26% circa lo ritiene tale anche per la nostra cultura, mentre il 23,7% dichiara che genera insicurezza e il 15,4 teme che aumenti la disoccupazione», spiega la curatrice dell’indagine, Maria Carolina Brandi. «Solo il 9,8% ritiene che l’immigrazione costituisca un ‘grave problema’ mentre molti la ritengono eccessiva, specialmente le persone meno istruite (il 47%). Inoltre il 13,5%, soprattutto tra i più anziani, teme che tale presenza dai paesi dell’Est aumenti la criminalità. Peraltro, è diffusa (62%) l’opinione che su questo tema giornali e televisioni riportano una realtà falsata e appena il 16% crede ai mass media, specialmente tra i laureati ed i giovani».

In questo quadro, l’atteggiamento degli italiani verso gli immigrati ad alta qualificazione è molto più favorevole rispetto a quello sull’immigrazione in generale. «Anche se il 54% degli italiani non sa quanti siano i laureati dell’Est Europa», prosegue la ricercatrice dell’Irpps-Cnr, «la quasi totalità (93,1%) ritiene che debbano essere pagati quanto gli italiani e l’87% pensa che un laureato esteuropeo debba potere esercitare la propria professione in ogni paese dell’Ue. Tuttavia il 68,2% ritiene giusto che un laureato di qualsiasi paese accetti lavori inferiori ai suoi titoli e più della metà disapprova norme per incentivarne l’ingresso: da notare che tra i laureati e tra i giovani la quota cala sensibilmente nel primo caso ma aumenta nel secondo, evidentemente per la preoccupazione della possibile ‘concorrenza’ sul mercato del lavoro qualificato».

L’Irpps-Cnr ha inoltre svolto, in collaborazione con il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Torino e l’Ires Piemonte, un’indagine mediante un questionario rimasto on line sul sito dell’Istituto durante tutto il 2009, cui hanno risposto 547 immigrati dell’Europa Orientale ad alta qualificazione. Il 30,4% degli uomini ed il 33,8% delle donne è impiegato in un lavoro operaio, assimilato o di bassa qualificazione, nonostante non l’avesse mai svolto nel paese di origine.

«Lo studio conferma», conclude Brandi, «come il mercato del lavoro qualificato italiano sia molto meno ampio di quello della maggioranza dei paesi Ocse, tanto che anche gli stessi laureati italiani scelgono la migrazione, mentre sono disponibili posti non qualificati per i quali la manodopera nazionale è insufficiente. Tuttavia, una volta che l’immigrato laureato occupa per necessità questa fascia del mercato del lavoro, non viene più riconosciuto come appartenente all’emigrazione di élite a cui, pure, larga parte degli italiani concede fiducia, finché non riesce a collocarsi in una posizione che lo renda riconoscibile come ‘intellettuale’ e quindi accettato».