19 aprile 2024
Aggiornato 07:00
Politica & Giustizia

Nomine CSM, sarà ancora una fumata nera

Da martedì count down per gli 8 membri laici. Vietti resta in pole per il dopo Mancino, ma l'accordo ancora non c'è

ROMA - Sarà ancora fumata nera domani nell'aula della Camera nella seduta del Parlamento in seduta congiunta convocata alle 12,30 per il quarto tentativo di eleggere i nuovi otto membri laici del Csm. Dai gruppi parlamentari è già partita l'indicazione ai deputati per votare ancora una volta scheda bianca: con l'effetto che la seduta non risulterà valida e resterà invariato il quorum massimo per l'elezione che richiede l'accordo sui nomi, fra maggioranza e opposizione.

Il conto alla rovescia per l'intesa, però, sembra essere stavolta iniziato, dopo la duplice sollecitazione del capo dello Stato al Parlamento a completare la composizione del nuovo plenum di palazzo Marescialli chiamato a gestire da subito la delicatissima fase del coinvolgimento di magistrati nella nuova P3. Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha fatto sapere di aver già concordato con il presidente del Senato Renato Schifani una prossima votazione per martedì prossimo. E se in quella sede, la quinta votazione, non ci sarà la fumata bianca, precedenti alla mano, scatterà con ogni probabilità dai presidenti delle Camere la convocazione ad oltranza del Parlamento: mercoledì, giovedì e ogni giorno a seguire fino all'elezione dei nuovi togati.

Da oggi però la pratica è in mano alle presidenze dei gruppi parlamentari e alle segreterie di partito. Ed è dal successore di Nicola Mancino alla vicepresidenza di palazzo dei Marescialli che il rebus dell'intesa ha inizio e conclusione.

Pierluigi Bersani, pur faticando non poco a convincere alcuni dei suoi a rinunciare alla vicepresidenza - con candidati di peso come Sergio Mattarella - ha chiesto di sostenere la candidatura Udc di Michele Vietti, ex sottosegretario alla Giustizia del governo Berlusconi e che il Pdl (molto meno la Lega) sarebbe disponibile a votare. Una parola chiara in questo senso dal partito del premier può arrivare dal vertice a palazzo Grazioli di capigruppo e coordinatori, in programma da Berlusconi subito dopo l'annunciata fumata nera di Montecitorio. Lo sganciamento dell'Udc dalle barricate di Pd e Idv contro il ddl intercettazioni dopo le ultime modifiche del Governo, con l'accoglimento da parte della maggioranza addirittura di emendamenti targati Casini, sono un segnale di appeasement fra Udc e centrodestra che depone a favore di Vietti.

Il nome del futuro vicepresidente non è però la sola incognita ancora irrisolta. I posti in palio sono 8: cinque esponenti indicati dalla maggioranza. E tre delle opposizioni. Quanto al primo punto, è ancora il vertice di domani del Pdl che deve dare alla Lega la risposta se potrà esprimere una o due indicazioni. Mentre a dividersi i tre posti dell'opposizione ci sono Pd, Idv e Udc. Casini non ci rinuncia neppure se tramontasse l'ipotesi di vicepresidenza Vietti. Lo stesso vale per Di Pietro che, invitando le altre forze a fare altrettanto, ha deciso di voler indicare un giurista di chiara fama senza rinunciare al diritto di esprimere una candidatura. Al Pd, in questo quadro, resterebbe un solo consigliere. Da qui un bivio rispetto cui il partito di Bersani sembra avere già deciso la strada da intraprendere: non quella 'proporzionale' con un solo proprio esponente, convergendo sui candidati delle altre opposizioni. Ma quella della blindatura di un accordo con maggioranza e Udc che lasci fuori Idv, assicurando l'elezione di due propri consiglieri laici a 'compensazione' della perdita della vicepresidenza che Nicola Mancino è obbligato a lasciare il prossimo 31 luglio.