Rotondi: chi vota contro Brancher è fuori dal PdL
«Sento di deputati del Pdl che voterebbero la sfiducia. Larghe intese? Buone negli anni '70. Il Pdl si mangia il consenso raccolto da Berlusconi»
ROMA - «Sento di alcuni che dicono di alcuni deputati del Pdl che voterebbero la sfiducia al ministro Brancher insieme all'opposizione. Ma se succede questo vuol dire che un pezzo di maggioranza se ne è andata all'opposizione»: così il ministro dell'Attuazione del Programma Gianfranco Rotondi interpellato telefonicamente.
Rotondi non da' però per scontato il voto sulla mozione di sfiducia: «Sarebbe l'ipotesi peggiore. Brancher nei prossimi giorni darà al Parlamento i chiarimenti utili per svelenire il clima».
MANOVRA - Altro argomento di tensione è la manovra. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti ha smentito che vi sia in atto un «duro scontro» fra Berlusconi e il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. «La collaborazione tra il presidente Berlusconi e il ministro Tremonti si basa su una solida amicizia e sulla condivisione totale dell'azione di governo», ha assicurato. Berlusconi ieri ha escluso che la manovra possa toccare le tredicesime, così come previsto da un emendamento del relatore Azzollini.
NIENTE LARGHE INTESE - A proposito delle tensioni interne alla maggioranza di questi giorni, Rotondi ammette le difficoltà del Pdl. «Penso che gli elettori giudichino con severità il partito di maggioranza che divora la credibilità del governo con polemiche che sono il peggio della Prima Repubblica» afferma il ministro. E sull'ipotesi di larghe intese per affrontare i nodi economici e le riforme di cui il Paese ha urgente bisogno, il giudizio del ministro è netto: «Le larghe intese andavano bene 40 anni fa, oggi sono impraticabili». «In un sistema bipolarizzato come è quello italiano - aggiunge - nessuno può mettersi a governare insieme all'avversario, sapendo che a fine corsa ci si dovrà di nuovo scontare al momento di andare alle elezioni».
LETTA: PALLA A NAPOLITANO - In questo contesto, il Partito democratico ha sollecitato oggi l'esecutivo a dimettersi. «Se la maggioranza ha avuto largo mandato di governare e non è in grado di governare, la palla passi al Capo dello Stato che con la sua saggezza saprà trovare le soluzioni migliori», ha detto il vicesegretario del Pd Enrico Letta, «l'Italia ha bisogno di essere governata».
Pier Ferdinando Casini ha rilanciato la sua richiesta di un governo di 'solidarietà nazionale'. «Bisogna arrivare alle larghe intese. Abbiamo tre anni di tempo. Chi si tira fuori si assume le sue responsabilità», ha detto il leader dell'Udc. Il Pd ha aperto già ieri all'ipotesi, ma Letta è arrivato oggi un diktat: alla testa non potrà esserci Berlusconi. «Chi ha guidato fino adesso si faccia da parte», ha chiarito.
BOCCHINO: LETTA SBAGLIA - «Letta sbaglia a chiedere l'intervento del Presidente della Repubblica sulle fibrillazioni interne al Pdl. Al Capo dello Stato non compete dirimere questioni interne ai partiti e per la nostra Costituzione deve intervenire soltanto quando manca una maggioranza per sostenere il governo. La nostra maggioranza ha sempre dimostrato di esser tale e in mancanza di una crisi strutturale non c'è bisogno di alcuna verifica». Lo dichiara Italo Bocchino, vicecapogruppo Pdl alla Camera e presidente di Generazione Italia.