Crocefisso: destra e sinistra unite nella difesa di un valore comune
In attesa della decisione sul ricorso italiano pressing bipartisan su Strasburgo
«Su questi temi non esistono maggioranza e opposizione, né destra o sinistra» . Le parole di Vannino Chiti, ex ministro del governo Prodi di estrazione comunista, non potrebbero essere più nette. Rimuovere il crocefisso, secondo l’attuale vice presidente del Senato, sarebbe una forzatura nei confronti di «un simbolo che è presente nella radice storica del nostro e di altri Paesi».
L’attesa per la decisione della Corte di Strasburgo sul crocefisso e sul ricorso contro la sua rimozione dalle pareti delle scuole vede maggioranza e opposizione per una volta unite nella difesa di un valore che rappresenta uno dei punti più elevati degli ideali nei quali gli italiani di ogni colore fortunatamente ancora si riconoscono.
Il crocefisso con il suo contenuto di umanità e di sacrificio non è infatti un solo un simbolo religioso, ma un faro che a distanza di oltre duemila anni è ancora in grado di indicare all’uomo la strada maestra da seguire.
«Il crocifisso non è un elemento di divisione, ma un simbolo di pace» ha ribadito oggi il ministro degli Esteri, Franco Frattini, intervenendo a Radio Vaticana.
Il ministro si dice «ottimista» sul ricorso, perché «è inevitabile esserlo, quando si è sicuri di aver difeso la causa giusta». Sul pericolo che la Corte si pronunci ancora contro il crocifisso, Frattini ammonisce: «Non possiamo nemmeno immaginare che la storia d'Italia resterà la stessa, se i crocifissi dovranno essere tolti perché simbolo di mancanza di rispetto».
Ma siamo sicuri che l’Italia abbia messo in campo le armi migliori per difendere il crocefisso?
Sulle strategia adottate dal governo Vannino Chiti avanza riserve sulla prima impostazione data al ricorso, ma promuove a pieni voti quella definitiva ora all’esame della Corte di Strasburgo.
«La prima difesa presentata dal Governo - sottolinea Chiti - fu del tutto sbagliata, basata su argomenti politici e non giuridici. Il ricorso è stato invece portato avanti bene e lo abbiamo sostenuto perché su questi temi non esistono maggioranza o opposizione nè destra o sinistra. Nel mondo di oggi - continua il Vice Presidente del Senato - le religioni, lo dico al plurale, hanno un ruolo pubblico. Questo non vuol dire tornare indietro sulla laicità, anzi, ma esse sono un riferimento importante per la nostra convivenza. Le fedi religiose e le culture non religiose che rispettano i diritti umani e la convenzione per i diritti dell'uomo, sono una ricchezza della nostra società. Non c'è niente da temere dalla molteplicità religiosa. Oggi la laicità - conclude Chiti - è fondamentale ma vuol dire che le fedi, nell'autonomia reciproca con lo Stato, servono a costruire una società globale più degna».
Per la sentenza definitiva sul ricorso italiano bisognerà aspettare «almeno sei mesi», secondo fonti di Strasburgo. Il ricorso è stato presentato dopo che il 3 novembre scorso la Corte ha giudicato come «una violazione della libertà dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni» il fatto che in Italia sia obbligatorio esporre il crocifisso in tutte le aule scolastiche.
«Se il ricorso dovesse essere rigettato l’Italia non sarà più la stessa», ha concluso il suo intervento il nostro ministro degli Esteri.