Mattarella, 30 anni fa l'uccisione dell'erede di Aldo Moro
Esponente della Democrazia Cristiana e presidente in carica della Regione Sicilia
ROMA - Trent'anni fa, il 6 gennaio del 1980, a Palermo veniva assassinato Piersanti Mattarella, esponente della Democrazia Cristiana e presidente in carica della Regione Sicilia. Ucciso davanti ai suoi familiari con i quali si stava recando nella chiesa di Santa Lucia per partecipare alla messa del giorno dell'Epifania.
Delitto di mafia si disse subito. E certamente gli uomini di mafia in quel giorno hanno gioito per la morte di un loro avversario, dell'uomo politico che voleva fare emergere la Sicilia dal mare di illegalità che storicamente la soffoca.
Un progetto e un'azione politica che Mattarella viveva come coerenza ad una fede e ad una cultura cattolico democratica formatasi negli anni sugli insegnamenti di Dossetti, Lazzati e La Pira.
Una coerenza intelligente che era diventata presto una passione civile che lo aveva portato sulla scia di un grande esponente della politica italiana: Aldo Moro. Come Moro, Piersanti Mattarella era convinto che l'Italia dovesse uscire dalla situazione di democrazia bloccata, di democrazia incompiuta come si diceva allora. E come Moro fu favorevole a quella politica di solidarietà nazionale che doveva avere come approdo la piena evoluzione del Pci verso una sinistra moderna e riformista che già era delineata nel progetto politico di Enrico Berlinguer.
Che si sia trattato di un delitto di mafia lo ha accertato anche il lungo iter giudiziario che dopo oltre venti anni ha avuto la sanzione definitiva da parte della Cassazione verso i principali capi mafiosi: Michele Greco, Stefano Bontate, Salvatore Riina, Bernardo Provenzano.
Questi i mandanti, ma su chi materialmente abbia sparato ancora non è stata fatta luce. L'istruttoria svolta allora da Giovanni Falcone ipotizzò la mano omicida di Giuva Fioravanti, che peraltro fu riconosciuto dalla moglie di Piersanti Mattarella, Irma Chiazzese, ma poi contraddetta da boss mafiosi del calibro di Buscetta che sostennero che in quel delitto non c'erano mani estranee a Cosa nostra.
Eppure i conti non tornano. E' vero che il primo nemico di Mattarella è stata la mafia, ma secondo autorevoli voci che si levarono anche allora, il delitto avrebbe risposto anche ad altre logiche, le stesse che sono entrate in gioco con il delitto di Aldo Moro un anno prima. In sostanza fermato Moro e le sue aperture a sinistra, ad 'incoraggiare' i mafiosi potrebbero essere stati altri poteri che avrebbero individuato in Piersanti Mattarella il nemico che avrebbe potuto raccogliere l'eredita' politica di Moro e continuare il suo progetto politico, come per altro aveva già iniziato a fare alla guida della Regione.