20 aprile 2024
Aggiornato 11:30
Territorio. Demanio

Emilia Romagna: Legge su concessioni demaniali impugnata dal Governo

L'Assessore Pasi: «Si tratta di un errore, noi abbiamo applicato la legge vigente dello Stato»

BOLOGNA - «Riteniamo che il Consiglio dei ministri abbia compiuto un errore. Ci stiamo preparando a rispondere: è nostro buon diritto». Così si è espresso l’assessore al Turismo Guido Pasi a proposito del ricorso, proposto dalla presidenza del Consiglio dei ministri contro la Regione Emilia-Romagna, per incostituzionalità della legge regionale 8 del 23 luglio 2009, laddove si prevede che i titolari di concessioni demaniali marittime potranno chiedere entro il 31 dicembre di quest'anno la proroga della durata della concessione fino a un massimo di vent’anni a partire dalla data di rilascio, in attuazione della legge statale 296 del 2006.

«Noi abbiamo applicato la legge vigente dello Stato – ha spiegato Pasi, durante una conferenza stampa – . Se lo Stato riterrà di adeguarsi alla direttiva Ue, noi faremo altrettanto. Ma non possiamo accettare ‘rimproveri’. Non abbiamo mai parlato di ‘rinnovo’ di concessione, bensì di possibilità di proroga in cambio di investimenti».

La presidenza del Consiglio dei ministri, pur riconoscendo che la legge regionale 8/2009 si inserisce nelle previsioni della disciplina statale per l’esercizio delle funzioni amministrative per il demanio marittimo, «dubita» tuttavia della sua legittimità costituzionale sostenendo la violazione dell’articolo 117 comma 1 della Costituzione, in relazione agli articoli 43 e 81 del Trattato dell’Unione Europea. La posizione della presidenza del Consiglio muove inoltre dalla procedura di infrazione comunitaria aperta dalla Commissione Ue in relazione al Codice della Navigazione, nella parte in cui stabilisce che per il rilascio di nuove concessioni viene data preferenza alle precedenti - già rilasciate - in sede di rinnovo rispetto alle nuove richieste. La Commissione Ue ritiene che, prevedendo in questo modo un diritto di preferenza a favore del concessionario «uscente» nell’ambito delle procedure di attribuzione delle concessioni del demanio pubblico marittimo, la Repubblica Italiana sia venuta meno agli obblighi del Trattato Ue.

Tuttavia «la questione sollevata dalla presidenza del Consiglio dei ministri – ha ribadito Pasi – è frutto di un errore sugli stessi presupposti della legge regionale: la modifica legislativa, approvata quest’estate, vuole unicamente collegare la durata della concessione in corso agli investimenti eseguiti dal concessionario per la valorizzazione del bene». In primo luogo va precisato che la norma regionale non disciplina le procedure di rinnovo ma prevede invece, a favore dei concessionari di beni del demanio marittimo con finalità turistico-ricreative, la possibilità di una proroga della durata della concessione. La norma regionale richiama espressamente la Finanziaria 2007, dove si prevede che «le concessioni di cui al presente articolo possono avere durata superiore a sei anni e comunque non superiore a venti anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni». La legge statale prevede quindi la possibilità di regolare la durata della concessione in relazione agli investimenti proposti dal concessionario.

Lo stesso legislatore statale si è fatto interprete del principio dell’affidamento in ragione di un principio generale, presente nel sistema giuridico italiano, in base al quale il piano di ammortamento degli investimenti, da realizzarsi da parte del concessionario, costituisce il punto di riferimento per la definizione della durata della concessione.
Ma l’aspetto più importante, per quanto riguarda la coerenza della norma regionale con gli stessi principi comunitari e la sostanziale concordanza tra quanto disposto dalla norma in contestazione e gli indirizzi comunitari, sono le indicazioni contenute nella «Risoluzione del Parlamento Europeo sui partenariati pubblico privati e il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni» dove si precisa che le concessioni devono avere una durata limitata, ma non possono prescindere dall’ammortamento dell’investimento del privato.

Sulla base del principio dell’affidamento e del necessario equilibrio tra gli investimenti posti in essere dal concessionario e la durata della concessione, la stessa amministrazione statale ha autorizzato negli ultimi anni la proroga di moltissime concessioni per strutture destinate alla nautica da diporto, arrivando anche a venticinque anni.
Va sottolineato, infine, che l’intervento legislativo della Regione non ha introdotto un’ipotesi di rinnovo automatico - la proroga della durata è un istituto giuridico diverso dal rinnovo - ma ha voluto invece riequilibrare il rapporto tra gli investimenti fatti dal concessionario e la durata delle concessione.

Durante la conferenza stampa l’assessore Pasi ha chiarito anche il discorso dei «danni erariali»: molti Comuni della costa hanno ricevuto una notifica dalla Corte dei Conti che prevede la possibilità di avvio di procedimento per danno erariale. «Anche in questo caso – ha spiegato l’assessore – secondo noi si tratta di un errore: l’eventuale profilo di danno non esiste». La discussione su quando avrebbe dovuto partire l’adeguamento dei canoni è avvenuto con la Finanziaria 2007: in questo contesto «i Comuni hanno agito ‘prudenzialmente’», riscuotendo i canoni in base a quanto riportato dalla legge e attendendo l’adeguamento Istat, arrivato a giugno 2009 tramite una circolare del ministero delle Infrastrutture di maggio (2009). «I Comuni sono partiti quindi con le riscossioni del dovuto – ha concluso Pasi – , e quindi ciò che la Corte dei Conti potrebbe chiedere è quanto i Comuni stanno di fatto riscuotendo. La vicenda si sta chiarendo, non si profila un dolo».