20 aprile 2024
Aggiornato 14:00
Conferenza stampa organizzata al suo ritorno a Montevarchi

Vagni: Scambio prigionieri per me? Non lo so, e non mi importa

«Il pensiero della mia famiglia mi ha dato la forza»

MONTEVARCHI - Uno scambio di prigionieri per la liberazione di Eugenio Vagni? «Da dove ero io non si sentiva niente, non so cosa è successo, e non me ne importa»: così lo stesso Vagni ha risposto ai cronisti, in una conferenza stampa organizzata al suo ritorno a Montevarchi (Arezzo). «Sappiamo che rischiamo, quando partiamo per le missioni - ha aggiunto - ma sappiamo anche che la nostra organizzazione non pagherà nessun riscatto».

Vagni ha affermato che il momento più difficile è stato quello del rapimento, «e quando i miei rapitori hanno detto che avrebbero ucciso uno di noi tre» prigionieri nella giungla. La forza per continuare a sperare è stata data dal pensiero della famiglia: «Quando chiamavo mia moglie - ha detto il cooperante della Croce Rossa - e mi diceva 'noi siamo qui, abbiamo bisogno di te', questo bisogno di rivedermi che aveva la mia famiglia mi ha dato la forza».

La prigionia nella giungla è stata difficile: «Dormivamo per terra, altro non c'era, a volte c'erano delle foglie di palma secche che erano un po' più morbide - ha ricordato Vagni - mangiavo riso e pesce seccato al sole, che era una buona fonte di calorie, era buono, e poi altro non c'era». In quei mesi, anche un attacco di colera: «Lì ho avuto paura di non farcela - ha ammesso il cooperante - ma hanno trovato le medicine giuste e mi hanno salvato». Adesso, per Vagni, è il momento del ritorno all'affetto della famiglia, e all'abbraccio della propria città: «Grazie a tutti voi - ha detto - sono orgoglioso di essere Montevarchino».