2 maggio 2024
Aggiornato 08:00
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Urne deserte per il referendum: Lega canta vittoria, Pdl frena

Maroni: «Va riformato». PD: «Cambiare la legge elettorale»

ROMA - Il referendum abrogativo sulla legge elettorale manca di gran lunga il quorum e apre due dibattiti paralleli nel mondo politico: sul futuro dell'istituto referendario e su quello della legge elettorale. Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, annuncia querele contro chi lo ha accusato di voler intimidire i presidenti di seggio e lancia l'idea di una riforma del referendum. La Lega nord canta vittoria per la vastissima quota di astensioni, frenata dal Pdl, mentre dal Pd c'è chi spera di riaprire il dibattito sulla riforma elettorale. I referendari masticano amaro, Giovanni Guzzetta, presidente del Comitato promotore, accusa "la tv pubblica" di non aver dedicato all'argomento "più di quattro-cinque ore, spalmate su trenta giorni" di campagna.

"Per come era stato presentato, questo referendum - commenta a caldo il coordinatore leghista Roberto Calderoli - sembrava essere stato concepito per cercare di distruggere la Lega e pertanto, visto il risultato che si sta profilando, possiamo dire che questa è un'altra vittoria per la Lega". "Nessuno - replica il coordinatore del Pdl Ignazio La Russa - ha fatto campagna per il referendum: immaginare che l'80% abbia dato retta alla Lega sarebbe un po troppo...".

Tra i nemici del referendum fanno festa anche Pier Ferdinando Casini (Udc) e Paolo Ferrero (Prc). Per l'esponente centrista "il bipartitismo è stato bocciato", mentre per il leader comunista "l'ipotesi bipartitica" già "sepolta" con dalle Europee "viene seppellita dall'astensione".

Gianfranco Fini, tra i promotori della raccolta di firme contro il 'Porcellum', parla di esito "abbastanza prevedibile" e di "segnali di disaffezione nei confronti del dibattito politico". A lui risponde Denis Verdini, coordinatore del Pdl di provenienza Forza Italia: "Non sono d'accordo", afferma. "I numeri sono i numeri", e i precedenti parlano, "è stato così negli ultimi referendum". Dal canto suo Maroni annuncia: "Come ministro mi riservo di avanzare nei prossimi giorni" una proposta per "riformare l'articolo 75 della Costituzione e la legge attuativa dei referendum". A suo parere "non c'è disaffezione per le urne", ma per lo strumento referendario.

Sull'altro fronte prende posizione Massimo D'Alema, secondo il quale "col venir meno dell'impegno del presidente del Consiglio e col generale oscuramento delle televisioni il risultato era prevedibile". Per l'esponente democratico l'istituto del referendum "dovrebbe essere rivisitato". Anche secondo il segretario del Partito democratico Dario Franceschini si tratta di "un risultato annunciato". Ma il punto è "che questa legge non va bene. Una nuova legge va fatta, ci sono quattro anni di legislatura e noi non cambiamo idea".

Non esclude la possibilità di una riforma elettorale Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl: "Gli elettori - dice - hanno valutato essere materia da affidare al Parlamento". A suo dire il "passaggio dal bipolarismo al bipartitismo", deve avvenire "non in modo coatto ma attraverso una maturazione politica delle forze politiche in campo". Per Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, comunque, la legge elettorale "funziona", mentre per Lucio Malan, altro fedelissimo del premier, è stato smentito il "teorema che la gente fosse contraria a questa legge". Ma il leghista Calderoli fissa le condizioni per una futura, ipotetica riforma: "La legge elettorale dovrà essere cambiata in conseguenza delle riforme costituzionali che andremo a realizzare. Non avrebbe senso farle ora per una Camera e un Senato che saranno diversi da quelle attuali". E il leader del Carroccio Umberto Bossi risponde secco a chi gli chiede se si deve cambiare la legge elettorale: "No, siamo a posto, che vi pare?". Quanto all'astensionismo, "bisogna prendere atto - dice - che la gente si fida completamente di noi".