Procuratori scrivono ad Alfano: «Non siamo lottizzati»
«Sue affermazioni rischiano di privarci d'ogni autorevolezza»
ROMA - «Abbiamo chiesto di andare a dirigere alcune Procure, o settori di esse, per una spinta ideale e professionale, che ci ha portati a volte molto lontani dalle nostre città d'origine e dalle nostre famiglie, senza nessun ritorno economico ed anzi con un impegno finanziario personale piuttosto pesante, consapevoli di doverci confrontare quotidianamente con penuria di mezzi e di personale, in uffici spesso di 'frontiera' per la presenza di una criminalità aggressiva e profondamente infiltrata nel tessuto sociale». Così affermano in una lettera inviata al ministro della giustizia, 10 procuratori della Repubblica, da Sanremo a Tempio Pausania, da Gela a Pinerolo, da Cagliari a Lamezia Terme; e tre procuratori aggiunti della Capitale. A motivare la missiva è l'intervista rilasciata dal guardasigilli Angelino Alfano al tg2 il 10 giugno. Dopo le parole del ministro i magistrati hanno provato «profondo disappunto per il contenuto delle affermazioni fatte».
I pm rifiutano di avere in qualche modo un «peccato d'origine» e cioè di esser «lottizzati» come invece si ritiene dalla lettura delel dichiarazioni del ministro. La scelta di andare «lontani da casa», quindi, è per «per un forte 'spirito di servizio', profondamente radicato in noi». E poi - si aggiunge - «va rilevato che uno dei punti cardine della recente riforma dell'ordinamento giudiziario è costituito proprio dai nuovi criteri di nomina dei dirigenti degli uffici giudiziari, con l'abbandono del criterio dell'anzianità in favore del merito e delle attitudini direttive e con l'introduzione della temporaneità degli incarichi».
«Riteniamo di essere stati nominati da questo Consiglio per le nostre qualità professionali e non certamente per logiche spartitorie. Alcuni di noi non sono mai stati iscritti ad alcuna corrente e chi si è impegnato nella vita associativa o in incarichi istituzionali lo ha fatto semplicemente per quello 'spirito di servizio' di cui abbiamo già detto e che connota comunque l'attività di noi magistrati».
«La 'partecipazione' alle scelte (nella vita di un'associazione o di una nazione) è, d'altronde, l'essenza stessa della democrazia. Peraltro lei, signor Ministro, attraverso il previo 'concerto' aveva la possibilità di bloccare le nomine da lei ritenute illegittime o inopportune. Lo poteva fare e non l'ha fatto. Questo è il motivo per il quale non riusciamo a comprendere perché, solo oggi, si lascia andare a queste affermazioni, che per la loro genericità appaiono prive di giustificazione e si risolvono esclusivamente in una delegittimazione di tutti i vertici degli uffici giudiziari e dello stesso Consiglio superiore».
«Le sue affermazioni, signor Ministro - si sottolinea - rischiano di privare di ogni autorevolezza il nostro incarico. Il danno è potenzialmente enorme, soprattutto ove si consideri che il presidente della Repubblica, solo il giorno prima, aveva osservato, a proposito dell'organizzazione delle procure, che occorreva 'un pacato riconoscimento delle funzioni ordinatrici e coordinatrici che spettano al capo dell'Ufficio' sottolineando, quindi, come ai capi degli uffici (e quindi alle loro esclusive capacità) spettasse la responsabilità ultima dell'organizzazione degli stessi».
Poi si aggiunge: «Riteniamo che al Csm vada riconosciuto il merito di aver svolto in tempi brevissimi, e nel modo migliore, il delicato compito di dare pratica attuazione alla riforma dell'ordinamento giudiziario. Confidiamo che lei saprà rivedere i suoi convincimenti, restituendo, con la stessa evidenza pubblica, dignità e autorevolezza a tutti coloro che sono stati ingiustamente raggiunti dalle Sue considerazioni». La lettera è firmata dal procuratore di Pinerolo, Giuseppe Amato; da quello di Sanremo, Roberto Cavallone; da quello di Tempio Pausania, Mario D'Onofrio; da quello di Gela, Lucia Lotti e di Caltagirone, Francesco Paolo Giordano.
Questa sorta di 'nazionale' dei procuratori, è completata da quello di Cagliari, Mauro Mura; e da quello di Ragura, Carmelo Petralia e di Oristano, Andrea Padalino; da quello di Fermo, Andrea Vardaro e di Lamezia Terme, Salvatore Vitello. I procuratori aggiunti di Roma sono Giancarlo Capaldo; Agnello Nello Rossi e Pietro Saviotti.