12 ottobre 2025
Aggiornato 12:00
La LAV: una supposizione assolutamente non condivisibile

Randagi: chi li sfama può essere citato civilmente

Gli animali randagi sono del sindaco e ai cittadini non può essere vietato di somministrargli cibo

La LAV apprende con sconcerto la notizia secondo cui il sostituto procuratore di Teramo David Mancini paventerebbe che chi dà da mangiare ai cani randagi, anche senza portarli a casa, ne diventi proprietario e quindi possa essere citato come responsabile in sede civile qualora si verificassero dei problemi con gli animali.

«L’ipotesi sostenuta dal sostituto procuratore è fuorviante e crea inutile allarmismo: i cani randagi sono del sindaco, in base al Codice Civile, e non dei cittadini che sostituendosi alle Istituzioni se ne prendono cura. Sono numerose le Leggi e le Ordinanze Ministeriali che pongono in capo ai Comuni la responsabilità degli animali vaganti sul proprio territorio – dichiara Ilaria Innocenti del settore Cani e Gatti della LAV  - ci domandiamo sulla base di cosa il sostituto procuratore Mancini abbia formulato questa discutibile teoria che rischia di creare grande confusione».

Sul tema si è espresso, peraltro recentemente, anche il TAR della Puglia che riconosce - a ragione - come il divieto si somministrare cibo possa incidere sulle condizioni di sopravvivenza degli animali, e come «la mancanza di cibo può comportare un peggioramento delle condizioni degli animali, tale da determinare una perdita dell’abitudine del contatto con le persone ed una contestuale, specie con riferimento ai cani randagi, predisposizione ad aggregarsi in branco creando così un reale pericolo per la cittadinanza».

Sebbene mai alcuna sentenza abbia attribuito la proprietà dei cani randagi a coloro che se ne prendono cura, sono sempre di più i sindaci che sostengono che alimentando i randagi se ne diventi il proprietario.

«Questo non è ammissibile, sul punto la normativa è chiara: è sufficiente ricordare a questo proposito l’Ordinanza contingibile e urgente concernente misure per l'identificazione e la registrazione della popolazione canina del 6 agosto scorso che stabilisce come i comuni siano tenuti a identificare e registrare in anagrafe canina i cani rinvenuti o catturati sul territorio e quelli ospitati nei rifugi e nelle strutture di ricovero convenzionate», afferma Ilaria Innocenti.

La LAV invita pertanto i privati cittadini che curano randagi a non allarmarsi, né a farsi condizionare da una simile teoria, anche perché simili prese di posizione sono pericolose anche per la tutela dell’incolumità pubblica. Gli animali se non curati, alimentati e socializzati corrono il rischio di sviluppare diffidenza nei confronti delle persone e persino comportamenti antisociali con conseguenze pericolose anche per l’uomo.