24 aprile 2024
Aggiornato 08:30

Referendum: su legge elettorale segnali di fumo tra Lega e PD

Ma tra i democratici c'è accordo solo sul collegio uninominale

ROMA) - Lega e Pd si studiano, il Carroccio tende la mano ai democratici per replicare a Silvio Berlusconi che annuncia il sì al referendum e il partito di Dario Franceschini offre una cauta apertura di credito. Un gioco che, ammettono diversi partecipanti, al momento è soprattutto tattico, visto che sono davvero in pochi a scommettere sul raggiungimento del quorum, «e se non si ci sarà il quorum non si farà nessuna riforma», prevede Stefano Ceccanti. La Lega, però, annunciando una propria iniziativa sulle riforme vuole mandare un segnale chiaro a Silvio Berlusconi, che in queste settimane ha alimentato le voci che gli attribuiscono l'intenzione di arrivare ad una legge elettorale capace di rendere marginale il partito di Umberto Bossi. «L'attuale legge - spiega il capogruppo Pd Antonello Soro - è quella che garantisce al meglio l'equilibrio dei rapporti di forza nel centrodestra. Toccarla, significa alterare questo equilibrio».

Al Pd hanno ben chiaro che il Carroccio, con la mossa annunciata ieri da Bossi («Prepareremo una proposta di legge elettorale«), vuol far capire a Berlusconi di essere pronto a giocare su più tavoli. Forse anche al di là del tema del referendum, visto che, come afferma oggi Calderoli, «Berlusconi non è irresponsabile, sa che una crisi di governo in un momento di crisi economica non sarebbe affatto un bene per il Paese». Insomma, un avvertimento al premier, qualora fosse solleticato dall'idea di forzare gli attuali rapporti di forza nella maggioranza.

Ecco perché oggi Franceschini, pur ribadendo che il Pd voterà sì al referendum, nonostante l'insofferenza rutelliana e di parte dei dalemiani, ha poi aperto alla possibilità di un confronto con il Carroccio: se Silvio Berlusconi dice che in caso di vittoria del sì, la legge elettorale resterà quella di risulta del referendum, il segretario democratico avverte che il premier «dimentica di avere 271 deputati su 630. Gli altri potrebbero decidere di farla». Chi chiede esplicitamente di avviare un confronto con la Lega è Linda Lanzillotta («Il Pd apra subito un tavolo di confronto con la Lega, prima del referendum«), ma lo stesso D'Alema aveva ricordato, qualche giorno fa, che senza toccare la legge elettorale non si fa nessuna riforma; e il modello cui guardare, aveva precisato, è il sistema tedesco, con collegi uninominali e senza premio di maggioranza. Un meccanismo che, in parte, può andare bene al Carroccio, ma va bene soprattutto all'Udc.

Il problema è che, al momento, nel Pd non esiste una posizione sulla legge elettorale. L'unico comune denominatore che tiene insieme i fautori del tedesco come D'Alema e Rutelli e i filo-maggioritari, come i prodiani e i veltroniani, è il collegio uninominale: «Questo - spiega Soro - è un punto di partenza, che restituisce agli elettori il potere di scegliere gli eletti». Difficile, però, andare oltre, almeno per il momento: il «nuovo centrosinistra» immaginato da D'Alema non potrebbe prendere vita con un sistema maggioritario, che divide in due l'arena politica. E Franceschini, al momento, non sembra intenzionato ad aprire questo vaso di Pandora. Oggi pomeriggio Gianclaudio Bressa, vice-presidente del gruppo Pd alla Camera, ha convocato alcuni costituzionalisti, tra i quali Augusto Barbera, Fulco Lanchester, Valerio Onida per un giro d'orizzonte. Appena una chiacchierata, insieme ai membri del Pd della commissione Affari costituzionali.