23 aprile 2024
Aggiornato 21:00

Ecomafia in Abruzzo

Legambiente anticipa i dati del rapporto Ecomafia 2009 e presenta l’Osservatorio Ambiente e legalità

Sono molte le inchieste della magistratura aperte sul fronte degli appalti e delle illegalità nel ciclo del cemento in Abruzzo: nel mirino, gruppi criminali che attraverso le estorsioni mirano a controllare il mercato delle costruzioni. Nel 2008 sono state denunciate 367 persone e sono stati operati 71 sequestri immobiliari per un totale di 319 infrazioni accertate dalle forze dell’ordine. Numeri inquietanti e drammaticamente in crescita: nel 2005, per esempio, nella stessa regione le infrazioni erano state «solo» 135 con 30 sequestri effettuati. Cresce anche l’illegalità nel ciclo dei rifiuti: aumentano le infrazioni (216, erano 106 nel 2005) e i sequestri (93, erano 42 quattro anni fa); mentre si registra un’impennata nelle denunce (439, erano 142 nel 2005) e soprattutto, a differenza degli scorsi anni, si registrano 6 arresti.

In effetti sono tante le «cronache nere» che hanno avuto ad oggetto la gestione illegale dei rifiuti, soprattutto di matrice industriale.

Questo il quadro sintetico ma decisamente allarmante della situazione «illegalità ambientale» in Abruzzo, secondo i dati del rapporto Ecomafia 2009 di Legambiente, anticipati oggi, dopo il via del Consiglio dei Ministri al decreto per il terremoto con un piano di 8 miliardi di euro, per presentare il progetto dell’associazione ambientalista, insieme all’ANCE, di costituire un Osservatorio della legalità sulla ricostruzione post sisma, anche per evitare il rischio di infiltrazione mafiosa, pericolo già segnalato, dopo il terremoto in Umbria, dal Ministero degli Interni.

«C’è un legame stretto e diretto tra cemento e rifiuti nelle attività gestite dalla criminalità organizzata – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - . Anni di indagini e di raccolta dati per i dossier sull’ecomafia hanno evidenziato come lucrosi business illegali si siano consolidati in tutte le fasi del processo di costruzione, dalle cave estrattive alla fornitura dei materiali, dagli appalti per la realizzazione delle strutture allo smaltimento degli inerti e dei rifiuti speciali».

L’Osservatorio ambiente e legalità in Abruzzo avrà il compito di  monitorare le imprese edili e di costruzione coinvolte nella ricostruzione; controllare il meccanismo dei subappalti e del nolo di mezzi e macchinari; controllare la filiera di approvvigionamento e la qualità dei materiali utilizzati, in particolare la  produzione di calcestruzzo verificando l’idoneità delle cave per l’estrazione degli inerti e della sabbia; vigilerà anche sul trasporto, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti inerti derivanti dai crolli e dalle demolizioni, con l’istituzione di un numero verde a disposizione dei cittadini  per la segnalazione di illeciti ambientali.

«I dati di Ecomafia 2009 - ha dichiarato Angelo Di Matteo, presidente di Legambiente Abruzzo – confermano la necessità di vigilare con attenzione sulle operazioni di ricostruzione in questa regione. Oltre alle aziende costruttrici, tutte le operazioni sul territorio andranno monitorate affinché avvengano nel rispetto delle norme antisismiche e degli equilibri idrogeologici, per garantire la massima sicurezza sia in termini di legalità che di staticità degli edifici realizzati».

Dal rapporto di Legambiente, che verrà presentato il prossimo 5 maggio a Roma, ecco , in sintesi, le indagini più significative nel ciclo del cemento in Abruzzo: l’operazione Histonium 2, nel giugno del 2008 ha portato all’arresto di diciassette persone tra cui il boss della ‘ndrangheta Michele Pasqualone che, dalla sua cella nel carcere di Vasto gestiva un redditizio giro di usura, il racket delle estorsioni e il mercato illegale degli appalti, controllando di fatto mezza città.

L’inchiesta Ciclone ha invece azzerato l’amministrazione della città pescarese, mandando a casa l’intero consiglio comunale per un collaudato sistema di gestione illegale dei lavori pubblici che favoriva, con appalti senza gara, gli imprenditori del mattone più importanti della zona, che poi  ricambiavano con regalie di vario genere. Il villaggio turistico La Contea a Tagliacozzo, località sciistica dell’aquilano, sarebbe invece uno dei beni immobili nei quali è stato reinvestito il favoloso tesoro di Vito Ciancimino, il potente sindaco-padrone della Palermo degli anni ’70, condannato nel 2001 per mafia e morto nel 2002.

Secondo il comando provinciale di Pescara del Corpo forestale dello Stato, se si sommassero i materiali scavati nelle quattro province abruzzesi si formerebbe una montagna alta più di mille metri. Tra gli interventi, il sequestro nell’agosto scorso di tre siti e la denuncia di 15 persone a Sulmona.

Interessante anche il capitolo sui rifiuti, che qui accenniamo solamente: Quattro mani e Toxic country, sono i nomi delle operazioni di polizia che hanno scoperchiato gli affari sporchi di due organizzazioni dedite ai traffici di rifiuti, con base in Abruzzo e diramazioni in diverse altre regioni del territorio nazionale. Nella prima, denominata «Quattro mani» per l’abilità mostrata dai trafficanti nel trasformare rifiuti pericolosi in non pericolosi o addirittura in materiale inerte, il Noe di Pescara ha deferito all’autorità giudiziaria 36 persone mentre il giudice per le indagini preliminari di Chieti Marco Flamini ha emesso cinque ordinanze di custodia, per lo smaltimento illecito di rifiuti speciali pericolosi per l’ambiente e la salute umana. Nell’operazione «Toxic country», realizzata l’8 ottobre scorso su impulso della procura pescarese, il Corpo Forestale  ha scoperto che rame, zinco, cadmio ed elevate quantità di batteri  - provenienti da un impianto di compostaggio di Montesilvano posto sotto sequestro - venivano sparsi su centinaia di ettari di campi destinati alla coltivazione di grano e foraggi. Nell’operazione «Fangopoli», proprio i fanghi tossici sono al centro di una richiesta di rinvio a giudizio avanzata a metà gennaio di quest’anno dalla procura pescarese nei confronti di 25 indagati «eccellenti»: imprenditori, amministratori e tecnici accusati di aver truccato l’appalto per la gestione del depuratore e dato vita a un traffico di fanghi finiti anche fuori regione.

Per la mega discarica dei veleni localizzata a Bussi sul Tirino, in provincia di Pescara, la cui udienza è fissata per il 9 luglio 2009, ci sono 27 indagati tra ex amministratori di Aca (Azienda consortile acquedottistica) e dell’Ato (Ambito territoriale ottimale), dirigenti Asl e rappresentanti delle industrie chimiche – Montedison e Ausimont – che si sono passate il testimone nel polo industriale di Bussi. Dopo una lunga e travagliatissima vicenda, la stima, probabilmente in difetto, per la bonifica di Bussi è di 120 milioni circa, ma sono a disposizione soltanto 2 milioni: 500.000 euro del ministero e 1,5 milioni della Protezione civile.