4 maggio 2024
Aggiornato 05:30

Referendum, Maroni sentirà Pd. Sale ipotesi rinvio ma non per DL

Colle avvallerà solo ddl. Bossi: «Mai messo Premier spalle al muro»

ROMA - Scongiurata l'ipotesi di accorpare il referendum alle elezioni europee ed amministrative del 6 e 7 giugno prossimi, toccherà proprio al nemico numero uno di Guzzetta&co., ovvero la Lega, provare a far convergere l'opposizione su una delle due proposte di rinvio rimaste sul tavolo del governo: il 21 giugno, insieme ai ballottaggi delle amministrative, oppure l'anno prossimo. Il vertice di ieri tra Pdl e Carroccio ha investito, infatti, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, del compito di trovare una mediazione. Mediazione necessaria visto che il capo dello Stato, cui spetta il compito di indire la data della consultazione popolare, con ogni probabilità non avallerebbe un 'rinvio' per decreto.

Giorgio Napolitano, infatti, ritiene un «atto dovuto» l'indizione della data dei referendum - e tra l'altro non sfugge ai giuristi del Colle che il comitato promotore è soggetto costituzionale - ed è pronto ad adempiere a questo suo diritto-dovere. Venerdì prossimo, insomma, ci potrebbe essere il decreto di indizione della consultazione referendaria. Poi, se il governo intenderà promuovere un percorso parlamentare che faccia slittare, con un ampio consenso, la data del referendum, allora il Colle non si metterà di traverso. Ma, appunto, a quanto pare di ddl si deve trattare.

Nel dibattito politico alla Lega spettano onori e oneri. Da un lato ha incassato il no all'accorpamento con l'election day, a quanto racconta Umberto Bossi, senza alcuna minaccia di far cadere il governo ma con una semplice richiesta al premier Silvio Berlusconi («Non ho bisogno di metterlo con le spalle al muro: i nostri rapporti sono troppo cordiali per cose del genere. A Berlusconi basta chiedere...», ha detto il leader del Carroccio). Dall'altro lato ha ricevuto l'onere di trovare un punto di convergenza con l'opposizione, anche se dal Pdl raccontano che la scelta di Maroni come mediatore non sia stata il frutto dell'applicazione di una specie di legge del taglione nei confronti del nemico più agguerrito del referendum, ma una decisione dettata dalla sua carica di ministro dell'Interno e, in quanto tale, in grado più di chiunque altro di valutare la praticabilità e soprattutto i costi delle date in questione. E da esperto «Maroni - ha rivelato Bossi - sta preparando un provvedimento per cui lo spoglio delle schede sarà a costo zero».

Il titolare del Viminale ha tempo fino a giovedì prossimo per trovare la soluzione che dovrà sottoporre al Consiglio dei ministri che si svolgerà all'Aquila. Per ora i contatti con Pd, Idv e Udc non sono neanche iniziati e le reazioni dei partiti di opposizione non sono proprio concilianti. «Qualsiasi data per il referendum diversa dal 6 e 7 giugno è una presa in giro: l'Italia dei Valori non si siede a nessun tavolo e non risponde a nessuno», chiude Antonio Di Pietro. Mentre Pier Ferdinando Casini boccia del tutto l'ipotesi del rinvio al 2010 mostrandosi possibilista sulla data del 21 giugno: «Il referendum va fatto adesso perchè queste sono le regole in uno stato che ha le sue leggi, la sua Costituzione, le sue procedure».

Più variegata la posizione del Pd. Il segretario Dario Franceschini attende il primo passo del governo: «Non commento ipotesi e indiscrezioni. Se arriverà una proposta sul tema del rinvio del referendum saremo pronti a rispondere», dice il leader del Pd che fino all'ultimo ha insistito sull'accorpamento del referendum all'election day, una scelta, rileva nel corso della sua visita all'Aquila, «colpevolmente impedita dalla maggioranza sotto il ricatto della Lega». «Mi dispiace - ha continuato -, mi dispiace perché quelle risorse potevano essere utilizzate per tante cose, prima di tutto per l'Abruzzo». Se il governo decidesse per qualunque altra soluzione, «se ne assume la responsabilità», sottolinea il capogruppo dei Democratici alla Camera, Antonello Soro, che però, seppur con dei paletti, non chiude all'ipotesi di rinvio all'anno prossimo: «Dovrebbe essere comunque accompagnato alla decisione di far coincidere il referendum con le elezioni Regionali 2010», spiega. Una idea che piace anche a Ermete Realacci e Linda Lanzillotta.

Si prospetta insomma una settimana non facile per Maroni e per il governo, anche perché la decisione sulla data della consultazione popolare è attesa soprattutto dal Colle. E, nel giorno in cui viene resa nota la lettera di richiamo di Napolitano a Berlusconi e alle Camere sull'abuso dei decreti omnibus, si intuisce anche la contrarietà del Colle al varo di un decreto da parte del Cdm per rinviare il referendum.