5 maggio 2024
Aggiornato 06:00

Stupri, Riesame: non c'è corrispondenza tra Racz e identikit

I Giudici della libertà sul caso di via Andersen

ROMA - Karol Racz non doveva essere arrestato per lo stupro avvenuto in via Andersen la sera del 21 gennaio scorso. I giudici del tribunale della libertà, nelle motivazioni del provvedimento con il quale hanno disposto la scarcerazione del romeno, sono chiari. «Non c'è una perfetta corrispondenza tra le fattezze fische generali descritte dalla donna - si spiega nell'ordinanza del tribunale del riesame - che per il resto sono comuni ad un numero indefinito di individui appartenenti ad una certa etnia, e quelle riscontrate nel Racz».

Anche ulteriori dichiarazioni della donna vittima della violenza, dopo la prima denuncia dei fatti, non hanno aiutato. La signora spiegò che uno dei suoi due aggressori aveva una piccola cicatrice vicino alla bocca. Successivamente, poi, precisò che poteva trattarsi anche di una ruga d'espressione.

Sul punto il tribunale scrive: «E' evidente, a questo punto, che quello che avrebbe potuto costituire un forte riferimento si trasforma in un elemento del tutto evanescente e privo di qualsiasi concretezza individualizzante, anche perché la donna aveva precisato che una tale anomalia riguardava la parte destra del viso e non entrambi i lati della bocca». Inoltre Racz «è una persona piccola di statura, nettamente inferiore a quella indicata dalla signora e una tale differenza on può essere plausibilmente superata, come propende il gip, dalla posizione supina in cui si è venuta a trovare in quel momento la donna rispetto al violentatore che incombeva standole sopra».

Anche il dato che Racz abitasse in un campo poco distante dal luogo dell'aggressione, per i giudici, è un «elemento certo molto inquietante e sospetto in quanto vien da chiedersi come mai l'attenzione della donna, con tutto il carico di emotività che ne è scaturito nel corso della individuazione fotografica e del riconoscimento, si sia proprio accentrata su una persona che, guarda caso, abitava proprio lì vicino». Ma «ad un attento esame anche tale coincidenza perde alla fine ogni rilievo, per trasformarsi in un elemento quasi a favore dell'indagato, una sorta di sostanziale alibi, ove si consideri che il Racz non ha abbandonato il campo subito dopo l'aggressione ma solo a distanza di moti giorni, ossia il 15 febbraio». Quando il romeno andò a Livorno, dove fu poi arrestato per i fatti della Caffarella.

I giudici, sul fatto che Racz non si fosse allontanato, si soffermano spiegando: «Nel corso dells sgombero, il 24 gennaio, si è messo in bella vista davanti alle telecamere di una tv privata facendosi riprendere durante le fasi dello smantellamento». «Tale comportamento non si giustifica ed è contrario alla logica più elementare. Nessuna persona, considerato il clamore che lo stupro aveva suscitato e i controlli a tappeto che ne erano seguiti soprattutto in certi ambienti e in quel campo in particolare, sarebbe stata tanto stolta e insensata da rimanere sul posto e addirittura farsi riprendere da una telecamera due giorni dopo».