Salute: da 2000 in Italia 35mila casi Tbc, «preoccupa nei bambini»
Esperta Iss: «Non diminuisce, il 46% riferito a stranieri»
ROMA - L'Italia deve fare ancora i conti con la tubercolosi, soprattutto tra i bambini, dove la situazione è addirittura «preoccupante». A spiegarlo ad Apcom, in occasione della Giornata mondiale della tubercolosi (World TB Day-WTBD) che verrà celebrata domani, è la dottoressa Stefania Salmaso, direttrice del Centro Nazionale di Epidemiologia dell'Istituto superiore di sanità. Secondo gli ultimi dati del sistema di notifica nazionale, tra il 2000 ed il 2007 nella Penisola si sono registrati circa 35.000 nuovi casi di tubercolosi, una media di 4.700 l'anno, e di questi il 46% è riferito a stranieri.
Se si parla di soggetti non registrati ufficialmente in Italia e che vivono in condizioni disagiate la percentuale però aumenta e, anche se ci si basa solo su stime, si parla di un ulteriore 12% di casi. «Dalla seconda metà del Novecento agli anni Ottanta si è registrata una progressiva diminuzione di frequenza di nuovi casi che invece ora sembra essersi stabilizzata: quello che secondo noi merita attenzione è che ogni anno ci sono 100 nuovi casi nei bambini sotto i 5 anni età, nati in Italia: è un dato preoccupante, perchè in un paese in cui il rischio di infettarsi è ridotto il numero di casi di malati tra i bambini dovrebbe essere ridotto», afferma Salmaso. Secondo l'esperta «un ulteriore motivo di preoccupazione è che i medici italiani possono non prendere in considerazione la tubercolosi come patologia in atto in soggetti di età così giovane. Inoltre la tubercolosi richiede un lungo periodo di terapia: può succedere che il paziente i cui sintomi migliorano non completi il trattamento. In questo modo un miglioramento dei sintomi potrebbe invece comportare il mantenimento della malattia, che può anche peggiorare e mantenersi contagiosa».
«A scuola sarebbe sufficiente avere una buona sorveglianza clinica sui sintomi per identificare i malati e poi intervenire immediatamente: spesso però - continua - tutto è rallentato dal fatto che la tubercolosi non viene presa in considerazione o l'adesione al trattamento poco monitorata». Quanto ad una 'mappatura' regionale della malattia in Italia, Salmaso spiega che questa «è fortemente dipendente dal grado di sensibilità dei sistemi di sorveglianza nelle singole Regioni. La maggior parte dei casi segnalati ufficialmente, ad esempio, è in Emilia Romagna ed in Lombardia. Quelle sono le regioni con la presenza più alta di stranieri, ma anche quelle con maggiore sensibilità del sistema di notifica in generale». In ogni caso, conclude la direttrice Cnesps, «per qualche anno si era pensato che la tubercolosi fosse scomparsa in Italia, ma non è vero: ci dobbiamo fare ancora i conti».