Appello per la verità, in memoria di Natale De Grazia, sui traffici dei rifiuti
Ambientalisti, giornalisti, politici e magistrati nel Comitato promosso da Legambiente
Un appello aperto alla sottoscrizione di tutti, per chiedere al Governo e al Parlamento di supportare con convinzione e strumenti adeguati le indagini ancora in corso sugli affondamenti sospetti delle cosiddette navi dei veleni e sui presunti traffici di materiale radioattivo. Questo il fulcro del documento presentato oggi a Reggio Calabria da Legambiente, nel corso di una conferenza che ha visto la partecipazione, tra gli altri, di Anna Vespia, vedova del capitano di Corvetta Natale De Grazia, al quale è dedicata l’iniziativa, Enrico Fontana, Responsabile Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità dell’associazione, Nuccio Barillà del direttivo nazionale di Legambiente, Luigi De Sena vicepresidente Commissione parlamentare Antimafia e Francesco Neri, vice procuratore generale del Tribunale di Reggio Calabria.
Nello specifico, chiede la realizzazione di una campagna di monitoraggio nei siti marini dove si presume siano avvenuti gli affondamenti delle navi e dei loro carichi tossici; l’immediato avvio di progetti di cooperazione internazionale con la Somalia, al fine di verificare l’eventuale seppellimento lungo la strada Garowe-Bosaso, di fusti e container di rifiuti pericolosi; l’immediata istituzione della Commissione d’inchiesta sulla morte della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin, affinché possa proseguire l’indispensabile approfondimento del contesto in cui è maturato il loro omicidio.
«Contestuali motivi di rappresentanza della Commissione Antimafia in Sicilia – ha dichiarato l’on Fabio Granata in una nota inviata agli organizzatori - mi impediscono di partecipare alla Vostra importante manifestazione su un argomento che ferisce le coscienze civili e che ci obbliga ad una attenta riflessione politica e culturale sui temi della qualità della vita e della difesa dei diritti fondamentali. Le problematiche ambientali e la lotta alle ecomafie saranno questioni centrali nell'azione della nuova Commissione Parlamentare Antimafia: in questo senso lo straordinario patrimonio di conoscenze di cui Legambiente è portatrice è garanzia di una collaborazione fertile e importante alla quale abbiamo interesse a dare spazio e progettualità comune».
Anche il magistrato Luciano Tarditi e il giornalista Luciano Scalettari, impossibilitati a partecipare all’evento hanno inviato una dichiarazione per testimoniare comunque la loro vicinanza e il loro impegno.
«Impossibilitato a presenziare – ha scritto Tarditi - rinnovo con entusiasmo l'adesione all'appello che viene rilanciato oggi a Reggio Calabria dal Comitato per la verità sui traffici nazionali ed internazionali di rifiuti e materiali radioattivi e che ha un suo particolare focus nell'accertamento delle vicende inerenti le cosiddette navi dei veleni. L'appello ha una particolare valenza perchè parte da Reggio Calabria, città di appartenenza del valoroso capitano di corvetta Natale De Grazia, morto mentre era attivamente impegnato in decisive indagini tese ad accertare cause e ragioni dello spiaggiamento della motonave Rosso. L'obiettivo che ci si deve proporre è di evitare che, per usare le parole del Procuratore Cordova, «la società italiana sia nelle mani di inesplorati gruppi occulti di potere e di altre consociazioni e congregazioni» . Da operatore del diritto che si è occupato della materia dei reati ambientali non posso che richiamare l'attenzione sulla necessità di impedire che uno strumento decisivo per il contrasto alla grande criminalità ambientale, come le intercettazioni telefoniche e ambientali, possa venire abbandonato per malintese esigenze di risparmio e di c.d. tutela della privacy».
«Sono davvero dispiaciuto di aver dovuto rinunciare alla partecipazione all'evento di oggi – ha affermato Scalettari nella sua sentita dichiarazione -. Credo sia però da sottolineare l'importanza dell'iniziativa. Da un lato per l'occasione in cui si celebra: è fondamentale fare memoria di chi era, su cosa lavorava, perché morì Natale De Grazia. Non ho avuto l'onore e la fortuna di conoscere la moglie (che so oggi essere presente a Reggio Calabria), ma seppure a distanza vorrei poterle esprimere la vicinanza e la solidarietà, non solo per i fatti accaduti e per l'immensa perdita che ha subito, ma anche perché non c'è verità su quell'episodio, rimane oscuro, e di un oscuro che inquieta. Tre anni fa ebbi l'occasione di intervistare l'attuale Procuratore Capo di Trieste, Nicola Maria Pace. Ebbene, nonostante la sua consapevolezza sul peso delle dichiarazioni di un magistrato responsabile di una Procura, disse: «È e rimane mia intima convinzione – sulla base di tanti fatti e indizi maturati all'epoca dell'indagine – che Natale De Grazia sia stato ucciso». Credo che anche su questa vicenda, come sui fatti che furono oggetto delle indagini di De Grazia, si possa e si debba esigere almeno l'impegno delle istituzioni del nostro Paese per ottenere verità. Su questo e sugli altri temi, per i quali il Comitato per la verità si è costituito firmando la lettera-appello di oltre un anno fa.
In questo tempo trascorso non è accaduto pressoché nulla. Nessun passo avanti è stato fatto. La giustizia, le istituzioni italiane, il Parlamento non hanno preso alcuna iniziativa, nessun impegno è stato portato avanti per chiarire quest'area dei «misteri d'Italia». Anzi, riguardo all'importante lavoro investigativo svolto dal dott. Francesco Neri sulle «navi dei veleni», sappiamo oggi che lo stesso magistrato ha denunciato la manomissione di alcuni fascicoli e la scomparsa di documenti, fra cui il certificato di morte di Ilaria Alpi.(…). Anche sul duplice omicidio di Mogadiscio, di Ilaria e di Miran Hrovatin, si attende ancora di poter conoscere cos'è accaduto quel 20 marzo 1994 e soprattutto perché è accaduto.
Una nota infine che riguarda me stesso, l'Associazione Ilaria Alpi, l'ex onorevole Mauro Bulgarelli e i colleghi con cui ci impegnammo nei viaggi-reportage in Somalia, che si prefiggevano lo scopo di individuare le prove definitive dello smaltimento illecito di rifiuti avvenuto nel Paese africano negli anni Ottanta e Novanta (e che hanno forti relazioni sia con l'inchiesta del dott. Neri che con l'omicidio dei due giornalisti, nonché probabilmente con altre morti non spiegate della nostra storia recente). Proprio in occasione della conferenza stampa in cui si annunciò la nascita del Comitato per la verità e la lettera-appello, l'allora ministro Pecoraro Scanio s'impegnò a finanziare l'ultima necessaria spedizione in Somalia. Ebbene, quel finanziamento non è mai stato erogato. Quella promessa fatta davanti ai cronisti e alle telecamere non è stata mantenuta. Nella peggiore delle tradizioni italiane. È bene che, a oltre un anno di distanza, questo si sappia.
Perciò rilancio l'appello: stiamo cercando di mettere insieme le risorse necessarie. Abbiamo i testimoni, abbiamo i siti, abbiamo l'esatta collocazione di diversi luoghi dove sono stati sepolti i materiali tossico-nocivi e/o radioattivi. Vogliamo riuscire a concludere quella missione. Finora tutte le porte si sono chiuse. Quella verità sembra proprio che faccia paura».