«Siamo tutti emigranti»
Gian Antonio Stella incontra i ragazzi della Conferenza dei Giovani italiani nel mondo
Ricordare come eravamo, per capire il passato e ripensare il presente. Per avere una nuova e più corretta concezione dell’Altro. Per riclassificare la parola «clandestino» sotto nuove categorie, ben lontane dalla trasfigurazione negativa che in questi anni la parola ha subito.
Nella giornata di pausa dei lavori della Conferenza dei Giovani italiani nel mondo, in programma questa settimana a Roma, il Partito Democratico ha organizzato un incontro dal titolo «Siamo tutti emigranti» in cui Gian Antonio Stella, giornalista e scrittore tra i più conosciuti ed apprezzati in Italia e all’estero, si è confrontato con i giovani partecipanti alla Conferenza e ha cercato di affrontare il tema dell’emigrazione da una prospettiva troppe volte dimenticata: quella degli italiani che solo qualche decennio fa hanno cercato fortuna e ospitalità altrove e che hanno invece trovato quell’intolleranza e quella crudeltà che oggi, troppe volte, riserviamo alle persone che scelgono l’Italia come la propria «terra promessa».
Per farlo Stella ripercorre una singolare storia della visione dell’ «altro», l’estranio, lo straniero. Un percorso che fa sosta in epoche diverse e territori lontani, ma che ha sempre lo stesso filo rosso che unisce il tragitto: la convinzione di ogni popolo di essere al centro del mondo. Tutto riassumibile in una riflessione di Erodoto sui Persiani, citato dal giornalista: «i Persiani stimano più di tutti i loro vicini, poi vengono i popoli che vivono più lontano; e così di seguito. La loro stima diminuisce in proporzione alla distanza, di modo che i popoli cui danno minore importanza sono quelli che vivono più lontano». Una considerazione che, anche nel mondo globalizzato di oggi, non tradisce il suo senso profondo.
L’attenzione dello scrittore si sposta poi sul caso italiano. Su quella lunga storia di emigrazione che il nostro Paese ha vissuto sin dai primi anni dell’Ottocento fino al passato recente. Quella storia che racconta di 27 milioni di italiani che hanno deciso di dirigere le loro strade verso i quattro angoli della terra, fino all’estremo più ignoto. Sia pure quell’America che prometteva l’oro e che, invece, riservava ostilità e disperazione.
«Agli occhi degli italiani che sceglievano di navigare oltre l’oceano atlantico, - racconta Stella – l’America era bella e allegra», come i manifesti lungo le strade e i racconti di chi tramandava una realtà ormai priva di fondamento. Ma poi, sempre più spesso, molti di coloro che riuscivano a raggiungere la meta tanto desiderata scoprivano che invece di lavorare «per 3 dollari al giorno, finivano di lavorare solo per 8 dollari alla settimana. In condizioni insostenibili».
Ma non erano solo i «salari» a determinare discriminazioni, gli italiani che riuscivano a raggiungere New York, se avevano la fortuna di riuscirci senza essere inghiottiti nella furia di qualche tempesta nel cuore dell’Atlantico, erano oggetto di linciaggi e violenze di ogni fattura. Come gli schiavi neri provenienti dall’Africa, erano considerati alla stregua di bestie da lavoro al cui minimo sgarro, seguivano punizioni definitive che non escludevano la morte.
Tutto questo, ricorda ancora Stella, non accadeva solo un secolo fa, ma anche durante gli anni del fascismo. Quando in Italia qualcuno si spendeva tanto per esaltare la Razza italiana, altrove l’immigrato proveniente dallo Stivale era ancora oggetto di grave discriminazioni e di pesanti disparità, come anche nei più recenti anni ’60.
La storia d’Italia è fatta anche di questi italiani che hanno cercato fortuna altrove, ingegnandosi nei lavori più disparati. Chi diventava minatore, chi spazzacamino, chi bracciante, chi ancora piccolo mercante di strada (figura non lontana dal «vu cumprà» che tanto ci si affretta a schernire nel nostro Paese); chi, infine, ha scelto la strada della malavita.
Ma non di sola povertà e delinquenza è fatto il passato degli emigranti italiani. Anzi, molte delle biografie consegnate alla storia raccontano di uomini e donne che hanno lasciato un segno indelebile nel passato dei paesi che li hanno ospitati: artisti, scienziati, personalità di spicco della politica locale. Stella ci tiene a ricordarli accanto a tutte le storie che, nel corso delle due ore del suo intervento, sono state narrate per rammentare quel passato fatto di valigie di cartone, di calzoni bucati e di povertà estrema. Un passato che ci rende così simili a coloro che ora, nel nostro paese, cercano la dignità a cui ogni essere umano ha diritto.
G.R.