12 ottobre 2025
Aggiornato 08:00
Premio biennale per nuovi approcci terapeutici alle Neoplasie

A Ruggero De Maria il premio Guido Venosta

Il premio è stato conferito a De Maria «per le sue ricerche innovative sulle cellule staminali tumorali, ritenute responsabili dei processi di metastatizzazione e della resistenza ai farmaci, ricerche che hanno aperto la strada all’ideazione di nuovi farmaci antitumorali»

Ruggero De Maria ha ricevuto oggi al Quirinale il Premio biennale per nuovi approcci terapeutici alle Neoplasie, intitolato a Guido Venosta, già presidente AIRC e FIRC , riservato ogni 2 anni a un ricercatore italiano che si sia particolarmente distinto nello sviluppo di approcci innovativi alla cura dei tumori operando presso una struttura nazionale. Il premio è stato conferito a De Maria «per le sue ricerche innovative sulle cellule staminali tumorali, ritenute responsabili dei processi di metastatizzazione e della resistenza ai farmaci, ricerche che hanno aperto la strada all’ideazione di nuovi farmaci antitumorali».

Attualmente De Maria, divenuto nel 2008 Direttore del Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare all’Istituto Superiore di Sanità, continua a dedicarsi allo studio delle cellule staminali tumorali per comprendere i meccanismi che ne regolano l’espansione e la sopravvivenza e per cercare di individuarne i processi vitali in modo da colpirle con farmaci mirati. Il suo gruppo di ricerca è impegnato in screening ad elevata processività di farmaci biologici in grado di eliminare selettivamente le cellule staminali neoplastiche e nell’allestimento di modelli preclinici particolarmente innovativi che permettano di prevedere con esattezza l’efficacia farmacologica nei pazienti oncologici. Ruggero De Maria è uno dei ricercatori italiani maggiormente conosciuti nella comunità scientifica internazionale per le sue scoperte in campo biomedico. Siciliano di origine, De Maria ha portato a termine gli studi in medicina a Catania. Dopo la laurea si è trasferito presso la Patologia Generale di Roma come borsista dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro e si è dedicato interamente alla ricerca scientifica prima nel settore immunologico, poi nel campo della morte cellulare (rivelatosi essenziale per capire la biologia dei tumori) e infine nel campo delle cellule staminali normali e tumorali.

I primi studi di De Maria sulle malattie autoimmuni della tiroide hanno meritato nel 1997 la copertina di Science in quanto svelavano un meccanismo inaspettato attraverso il quale le cellule tiroidee dei pazienti con tiroidite di Hashimoto innescano dei meccanismi di autodistruzione che risultano nella progressiva perdita della funzionalità tiroidea. Nello stesso anno, sempre su Science, De Maria e i suoi colleghi pubblicano la scoperta di un nuovo mediatore di morte cellulare, il ganglioside GD3, che partecipa all’apoptosi delle cellule neoplastiche.

Nel 1996 Ruggero De Maria comincia a lavorare all’Istituto Superiore di Sanità come ricercatore a contratto nel Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare, interessandosi allo studio dell’ematopoiesi. Insieme ai suoi collaboratori esplora i sottili equilibri che controllano la vita e la morte delle cellule del sangue e riesce a comprendere come viene regolata la produzione di queste cellule in individui sani e in pazienti sottoposti a chemioterapia, ricerche pubblicate da Nature, Blood e Cancer Research.
In questi anni Ruggero De Maria riceve un finanziamento «Start Up» dell’AIRC che gli permette di approfondire le sue ricerche sui meccanismi di morte nelle cellule neoplastiche. Sono anche gli anni in cui nasce l’interesse di De Maria per le cellule staminali. In un primo studio sulle cellule staminali del sistema nervoso pubblicato dal Journal of Experimental Medicine, De Maria e i suoi colleghi svelano il motivo per cui le cellule staminali del sistema nervoso cellule sono virtualmente immortali e resistenti a stimoli nocivi. Nel 2000 Ruggero De Maria diventa Dirigente di Ricerca nel Dipartimento di Ematologia, Oncologia e Medicina Molecolare dell’ISS e nel 2004 è nominato Direttore del Reparto di Biotecnologie Oncologiche ed Ematologiche dello stesso Dipartimento.

Quando, nel 2003, un gruppo di scienziati americani annuncia di aver scoperto delle cellule staminali nei tumori della mammella, Ruggero De Maria si dedica allo studio delle cellule staminali neoplastiche, avendo compreso la loro importanza per lo sviluppo di nuove strategie antitumorali. Nel 2007 pubblica su Nature la scoperta delle cellule staminali di tumore al colon e un anno dopo su Cell Death&Differentiation l’identificazione delle staminali di tumore al polmone, scoperte che potrebbero influenzare in modo determinante le future terapie per questi tipi di cancro.
Il suo studio più recente, pubblicato nell’Ottobre 2008 sulla rivista Nature Medicine, riguarda la possibilità di individuare e affrontare i tumori alla prostata più aggressivi, finora ritenuti incurabili. La scoperta di De Maria che questi tumori hanno perso due piccoli geni chiamati microRna-15a e microRna-16 acquistando più aggressività e capacità di formare metastasi potrebbe portare allo sviluppo di nuove terapie per il cancro alla prostata basate sulla somministrazione dei due geni mancanti.