12 ottobre 2025
Aggiornato 15:30
Crisi in Congo

Possibile missione UE in Congo

Fassino: «C'è bisogno di forte iniziativa internazionale»

In Congo è il caos. Dopo che i miliziani guidati da Laurent Nkunda hanno espresso l’intenzione di conquistare la città di Goma, capoluogo della provincia orientale Nord-Kivu della Repubblica democratica del Congo, la situazione nel paese africano sembra sempre più ingestibile. Addirittura, per il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, la condizione umanitaria nella paese africano, sconvolta dagli scontri tra l'esercito regolare e i ribelli dell'Est, sta assumendo «dimensioni catastrofiche».

La regione del Kivu, nell'est della Repubblica democratica del Congo (Rdc, ex Zaire), ha sempre costituito il principale focolaio di tensione del Paese e dei conflitti nella regione dei Grandi Laghi africani. Confinante con Uganda, Ruanda, Burundi e Tanzania, il Kivu si è trovato al centro delle tragedie che hanno segnato la regione: rivalità comunitarie e politiche, conflitti per il possesso della terra, esodi massicci dei rifugiati ruandesi nel 1994 - circa un milione - presenza di milizie tribali, di combattenti ruandesi hutu e di ribelli di Burundi e di Uganda.
La regione, composta dalle province del Nord-Kivu e del Sud-Kivu, inoltre, è ricca di risorse naturali, principalmente minerarie ma anche agricole.

Le guerre che dagli anni ’90 hanno tormentato la regione hanno favorito la formazione di numerose milizie armate locali. Per mitigare la situazione di instabilità regnante nel paese è stato lanciato nel gennaio 2008 un programma «Amani» (‘pace’ in swahili) dopo l'accordo di Goma firmato da tutti i gruppi armati congolesi. Il piano è un «atto di impegno» che prevede un cessate-il-fuoco immediato poi un disimpegno progressivo delle truppe sul campo prima della smobilitazione.

L'accordo è stato firmato dalle Forze armate della Rdc (Fardc) e da tutti i gruppi, quali il Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp) di Laurent Nkunda, principale responsabile dell'attuale crisi nel Nord-Kivu, e i miliziani dei Patrioti resistenti congolesi (Pareco). Le Fdlr non hanno tuttavia firmato l'accordo e ora, dal 28 agosto, i combattimenti sono ripresi nel Nord-Kivu.

Il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha già condannato l'avanzata dei ribelli di Nkunda su Goma e espresso preoccupazione per le «informazioni su colpi di artiglieria pesante alla frontiera tra Congo e Ruanda».

Ma le violenze non si limitano ai colpi da arma da fuoco. Secondo le ultime notizie pervenute, infatti, almeno cinque persone sono rimaste uccise la scorsa notte, durante i saccheggi condotti dai militari congolesi in abitazioni e negozi di Goma, dove da ieri, l'esercito ha cominciato a ritirarsi dalla città, di fronte all'avanzata dei miliziani.

Secondo il ministro-ombra degli esteri Piero Fassino, per fronteggiare la crisi in Congo è necessario attivare subito una «forte iniziativa internazionale». Il carattere d’urgenza che si scorge nelle parole dell’esponente PD, è giustificato dalle drammatiche notizie provenienti dalla provincia del Nord Kivu: migliaia sono già le vittime civili e centinaia di migliaia i profughi.

Per il ministro ombra «alle Nazioni Unite, già presenti nella regione con contingenti militari, vanno dati i mezzi e il mandato per difendere le popolazioni civili. Tutte le iniziative politiche e diplomatiche devono essere messe in campo per fermare il conflitto. Un intervento umanitario di emergenza è indispensabile, così come garantire la sicurezza degli operatori delle organizzazioni internazionali e delle ong presenti nella regione». Conclude il dirigente Pd: «Chiediamo al governo italiano e all`Unione Europea di farsi protagonisti di tutte le iniziative internazionali che si rendano necessarie».

Già domani, infatti, i Ventisette Paesi della Ue si incontreranno per decidere sulla missione militare con scopi umanitari nell'Est della Repubblica Democratica del Congo.
La Riunione, annunciata dal ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner dovrà decidere «un aiuto che potrebbe essere inviato a Goma, dove l'aeroporto è ancora in funzione e che potrebbe prendere questa forma (della missione militare/umanitaria, ndr)».

«Dal nostro punto di vista la risposta - ha aggiunto il ministro, presidente di turno del Consiglio Ue nel corso di una conferenza stampa con il capo diplomatico dell'Unione europea, Javier Solana a Parigi - deve essere umanitaria e di assistenza ai civili che sono fuggiti negli ultimi tempi ».

G.R.