19 aprile 2024
Aggiornato 08:30
LAV: «Troppi decessi. Avviare inchiesta»

Delfino “Tango” muore a Gardaland

«Riformare Decreto 469/01 e impedire acquisizioni di nuovi delfini»

La LAV si dichiara indignata e preoccupata per il nuovo decesso di un delfino detenuto in cattività:  nelle vasche del Palablu di Gardaland, a soli tre anni di età è morto Tango, un delfino della specie Tursiops Truncatus, appena due settimane dopo il decesso di un altro delfino nel contestato Acquario di Genova.

«Chiediamo al Sottosegretario alla Salute Martini una rigorosa inchiesta per accertare le cause di questi decessi e verificare l’idoneità delle condizioni igienico sanitarie di detenzione dei delfini in cattività – dichiara Nadia Masutti, responsabile LAV settore Esotici, Circhi e Zoo – Alla luce di questo ennesimo decesso, chiediamo al Ministro dell’Ambiente che la riforma del Decreto Ministeriale n.469/2001 «Disposizioni in materia di mantenimento in cattività di esemplari di delfini appartenenti alla specie Tursiops Truncatus», diventi una priorità al fine di garantire una effettiva tutela dei delfini, proibendo la loro detenzione in parchi di divertimento e similari e che, una volta per tutte, si crei una netta distinzione tra questi ultimi ed i giardini zoologi, unici deputati a detenere specie protette.»

«Sollecitiamo, inoltre, la Commissione Scientifica CITES ad intervenire con autorità ad impedire qualsiasi ulteriore acquisizione di delfini da parte di delfinari, acquari o parchi marini - prosegue Nadia Masutti - A parte le morti di cui non viene data comunicazione ufficiale, e che ha come conseguenza la sostituzione immediata dell'animale deceduto con un altro di ignota provenienza, appare ormai evidente che i delfini detenuti all'interno di delfinari e acquari non sono certamente così longevi come si vuol far credere.»

Lasciando da parte ogni considerazione sulla provenienza dei delfini, che per legge dovrebbero unicamente provenire da nascite in cattività, risulta inaccettabile che si contini a permettere la detenzione di questi animali sensibilissimi, facilmente soggetti a stress e pertanto ad abbassamento delle difese immunitarie, attraverso l'alibi di progetti scientifici, di educazione e sensibilizzazione, mentre il vero scopo delle strutture che li detengono è di tipo speculativo.

Ricordiamo che i delfini del genere Tursiope sono animali la cui specie, particolarmente protetta, è inserita nell’Appendice I della Convenzione di Washington, e cioè in via di estinzione: talmente rara che qualsiasi volume di scambi potrebbe metterne in pericolo la sopravvivenza. Il Decreto Ministeriale n. 469/2001, nonostante ne sancisca per legge la prigionia a vita, impone comunque delle severe regole per la loro detenzione, ovvero ben 56 indicazioni, o «requisiti minimi necessari», da mettere in atto da parte di personale specializzato, utili a tutelare la loro salute e il loro benessere.

Secondo il Decreto del Ministero dell’Ambiente n.469/01, i delfini della specie Tursiope possono essere detenuti in cattività solo nel caso in cui siano garantiti validi programmi di educazione, ricerca e riproduzione. Quindi i delfinari dovrebbero essere dei veri e propri santuari in cui il rispetto dell’animale è condizione irrinunciabile; purtroppo la realtà è ben diversa e i delfini sono trattati, nella maggioranza dei casi, come dei giocolieri da addestrare che devono continuamente esibirsi davanti a un pubblico urlante e a volte poco rispettoso, costretti a una vita innaturale.

E , come testimonia anche questo ennesimo decesso, i delfini continuano a morire senza che vengano rafforzate le misure a loro effettiva tutela.